Testo - "Galatea" Anton Giulio Barrili

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Incominciamo ad ogni modo. Articolo di fondo: ho trovato una bella
passeggiata veramente degna di noi. Seguimi, facendoti coraggio
tuttavia, perchè bisogna passare sopra un pancone, anzi su due,
accostati pei lor capi a tocca e non tocca sull'asse d'una piedica,
che vorrebbe parere una pila di ponte. La vedo brutta, quella povera
pila, ai primi rovesci d'autunno; e vedo brutti egualmente i due
panconi sconnessi, con quel tronco di pino che fa da ringhiera, mal
rimondato e peggio assicurato su quattro pali malissimo inchiodati,
per uso dei passeggeri che soffrono di vertigini. Già, i più non ci si
fidano, e passan di sotto. Per tua norma, il fiume è magro anzi che
no, tanto magro che fa pena a vederlo, disteso in quel suo grandissimo
letto. Pozze e pozzanghere non gliene mancano, ma già tirano al verde:
ci ha da una sponda o dall'altra qualche fosserello addormentato sotto
la frasca sporgente dei frassini, e qualche tonfano rannicchiato al
riparo d'un gran masso rugoso; mentre un fil d'acqua viva corre
brillando e sussurrando tra i ciottoli, per collegare e nutrire tutti
quei Nianza e Tanganica, dei quali il più grosso non è largo due
metri.

Di là dal greto, che si vede qua e là screziato e rallegrato da larghi
cesti di romice, da candelabri fogliosi di tasso barbasso, di labbra
d'asino, di denti di leone, d'orecchi di topo e di scarpette di
Venere, si stende una fila nereggiante di ontàni. Un po' radi, gli
ontàni e non alti, perchè i proprietarii di qui non lasciano
invecchiare le piante da taglio, smaniosi di far quattrini, che il
diavolo se li porti! Dietro la scarsa fila degli ontàni, corre un
sentiero campestre, costeggiando la riva; di là dal sentiero, davanti
a me ed al mio ponte di legno, si dilunga verso la montagna una doppia
fila di pioppi, spettacolosi per l'altezza delle vette ed anche per la
grossezza dei tronchi. Ah, sia lodato il cielo; si capisce qui che il
padrone di quei pioppi è un signore per davvero, o che almeno non ha
l'acqua alla gola, e in ogni caso è un poeta, che ama le belle cose e
vuol dare la sua parte anche agli occhi.

Che sarà mai questa piantata di pioppi? Sono un centinaio per parte, e
il largo viale che si stende nel mezzo dovrebbe condurre ad un
castello, ad un palazzo, ad un nobile edifizio, insomma. Cerca cerca,
l'edifizio non c'è; neanche le rovine. Meglio così; le rovine non
avrebbero carattere; un edifizio in piedi, abitato e custodito, mi
costringerebbe a girar largo, per non dar noia o non riceverne dai
suoi possessori. Quel gran viale, bontà sua, ti conduce ad una vasta
prateria, ad una conca, ad un anfiteatro di verdura, più nobile di
qualsivoglia edifizio. Che bellezza! e che pace, compimento di
bellezza! Il dolce piano, leggermente incavato, è tutto un tappeto di
verde tenero, che si ravviva di toni gialli al sorriso del sole;
screziato a capriccio dalle candide rappe delle piantaggini tremolanti
alla brezza sui loro elegantissimi steli, o dai rossi calici
spampanati dei rosolacci in ritardo; rotto a larghi intervalli, o
infoscato sui lembi, da cesti di sermollino, da ciuffi di règamo, da
cespugli di mentastro. In capo alla prateria, che sale via via come il
labbro d'una coppa di malachite, sorge e si spande una siepe di
carpinelle, oltre la quale si leva la costa del poggio, tutta densa di
castagni fino al suo colmo, donde sbuca un campanile aguzzo e trapela
il tetto della chiesuola di Santa Giustina.