Testo - "Le avventure d'Alice nel paese delle meraviglie" Lewis Carroll

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Tutt'a un tratto capitò vicina a un piccolo tavolino di cristallo solido
e sorretto da tre piedi: non c'era altro su d'esso che una chiavettina
d'oro: or la prima idea ch'ebbe Alice fu che quella potesse aprire uno
degli usci della sala; e provò - ma oimè! o le toppe erano troppo
grandi, o la chiavettina era troppo piccola; ma comunque fosse, non
potette aprirne alcuno. Ciò non di meno, avendo fatto un secondo giro
nella sala, capitò davanti a una cortina bassa che non aveva osservata
prima, e dietro ad essa v'era un piccolo uscio, alto quindici pollici o
giù di lì: provò la chiavettina d'oro se andasse alla toppa, e con molta
allegrezza vide che c'entrava per l'appuntino!

Alice aprì l'uscio e vide che dava a un piccolo corridoio, largo quanto
una buca da topi: s'inginocchiò, e vide al di là del corridoio il più
bel giardino del mondo. Oh! quanto desiderò d'uscir fuori da quella sala
buja per correre su que' prati di fiori risplendenti, e lungo le chiare
e fresche acque delle fontane, ma non l'era dato neppure di cacciare il
capo fuori della buca; e ancorchè il mio capo potesse passarvi, pensò
la povera Alice, mi servirebbe poco senza farci passare anche le
spalle. Oh quanto bramerei riserrarmi come un telescopio! Credo che
potrei farlo, se sapessi soltanto come cominciare. Poichè essendo
ultimamente accadute tante cose straordinarie, Alice avea cominciato a
persuadersi che poche fossero le cose veramente impossibili.

Era proprio tempo perso star lì piantata davanti all'usciolino, perciò
Alice ritornò verso la tavola con una mezza speranza di potervi trovare
sopra un'altra chiave, o almeno un libro il quale insegnasse alla gente
a riserrarsi come un cannocchiale: questa volta vi trovò un'ampolla, (e
certo non c'era prima, disse Alice,) e aveva attaccato al collo un
cartello sul quale a lettere di scatola era magnificamente scritta
questa parola BEVI.

Và benissimo il dire Bevi, ma Alice ch'era una ragazzina prudente, lì
per lì non volle bere. Nò, voglio prima vedere se c'è scritto
veleno; poichè ella aveva letto molte belle novellette sopra
ragazzi ch'erano stati abbruciati, e mangiati vivi da bestie feroci, e
cose simiglianti, e tutto ciò perchè non vollero ricordarsi della
prudenza ch'era stata loro insegnata in casi simili; come per esempio,
non maneggiare le molle infocate perchè scottano; se col coltello ti fai
sul dito un taglio molto profondo, certo n'uscirà sangue; ed ella non
avea dimenticato quell'altro avvertimento, se tu bevi smodatamente d'una
bottiglia che ha l'iscrizione veleno, presto o tardi ti farà male.

Ciò non di meno quell'ampolla non aveva l'iscrizione veleno, perciò
Alice si avventurò di assaggiarne il contenuto, e trovandolo delizioso
(di fatto aveva un sapore misto di torta di ciliegie, di crema,
d'ananasso, di tacchino arrosto, di torrone, e di crostini burrati), lo
vuotò tutto d'un fiato.

Che curiosa sensazione! disse Alice: mi vo ristringendo come un
cannocchiale!

Ed era proprio così: non aveva più che dieci pollici d'altezza, e il suo
bel visino s'illuminò di gioja pensando che finalmente era giunta alla
giusta statura per traversare l'usciolino, ed entrare nel bel giardino.
Prima aspettò qualche minuto per vedere se rimpicciolisse di più; è vero
che provò una certa ansietà su quel mutamento; perchè, sapete, potrei
rimpicciolirmi tanto da sparire affatto come una candela, disse Alice.
A chi assomiglierei allora? E cercò di farsi un'idea dell'apparenza
della fiamma d'una candela smorzata, poichè non potea nemmeno
ricordarsi se mai avesse veduta una cosa simile!

E scorsero alcuni momenti, e veggendo che nulla di nuovo le accadeva, si
accinse ad entrare nel giardino; ma - povera Alice! - quando fu all'uscio,
si accorse che avea dimenticata la chiavettina d'oro, e quando si
rivolse verso la tavola dove l'avea lasciata, vide che non potea più
arrivarla: essa la vedea chiaramente a traverso del cristallo, e fece
ogni sforzo possibile per arrampicarsi ad uno de' piedi della tavola e
montar su, ma gli era troppo sdrucciolevole; e dopo essersi affaticata
invano per vincere quella difficoltà, la poverina si sedette e pianse.

Via! che vale abbandonarsi al pianto! disse Alice a sè stessa; io ti
consiglio invece, o Signorina, di smetter subito quel piagnucolare!
Generalmente ella dava a sè stessa dei buoni consigli (benchè raramente
poi li seguisse), e talvolta si rimproverava tanto severamente che le
lagrime le scorrevano per le gote; e si rammentò che una volta stava lì
lì per schiaffeggiarsi perchè s'era truffata in una partita di
croquet che giuocava contro a sè medesima, che questa straordinaria
bimba trovava piacere a fingersi di essere due persone. Ma ora è
inutile voler credermi due persone, pensò la povera Alice, me ne resta
appena tanto per comporne una!.

Ed ecco, le cadde sott'occhio una cassettina di cristallo che giaceva
sotto la tavola: l'aprì, e vi trovò dentro un piccolo pasticcino, sul
quale, con uva di Corinto, era scritto in belli caratteri MANGIA.
Bene! lo mangerò, disse Alice, e se mi farà crescere di molto,
giungerò ad afferrare la chiavettina, e se mi farà rimpicciolire mi
striscerò sotto l'uscio: così in un modo o in un altro entrerò nel
giardino, e poi, sarà quel che sarà!

Ne mangiò un bocconcino, e mettendosi la mano sul capo, sclamò
ansiosamente: In qual modo? In qual modo? per vedere in qual modo si
mutava, ma restò molto sorpresa nel vedersi della stessa statura: certo,
così accade a tutti coloro che mangiano pasticci, ma Alice s'era tanto
abituata a veder cose straordinarie, che le sembrava una cosa stupida e
sciocca quella di crescere, come si cresce generalmente.

E tornò alla bisogna, e in pochi istanti ingoiò tutto il pasticcio.