Testo - "Fante di picche" Salvatore Farina

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La notte è tenebrosa; terra e cielo si confondono nel buio infinito da cui si staccano, più neri, alcuni nugoli che viaggiano solitarii, ed i gelsi e le quercie in sembianza di giganteschi fantasmi. La brezza bisbiglia sottovoce e dondola i letti pensili degli uccelli e degli insetti.

Che pensa Donato colla fronte ardente nascosta fra le mani?

Non pensa, vaneggia. - E ritornato fanciullo, ha sei anni, ama giuocare alla palla, al cerchio, ha appreso a memoria dei versi che recita fra le ginocchia del babbo, si rizza sulla punta dei piedi per veder la sorellina in culla, non sa ancora che sia il mondo, non impaurisce per le incognite che gli prepara l'algebra della vita.

Pur l'avvenire, affretta col desiderio, s'impazienta degli indugi che lo trattengono per via, ha un ideale innanzi agli occhi - vent'anni! Ah! il superbo fascino di questa parola!

Eccolo cresciuto, eccolo alla scuola, ai cari studi, ai baldi propositi; ha inteso dire che il babbo non è ricco, che lavora per vivere, che affatica giocondamente in età quasi senile, per dare a lui un'educazione e preparare una dote a Mariuccia. Oh! sì, bisogna pensare a Mariuccia. Ora Donato sa l'algebra, la geometria... Mariuccia avrà la dote!

E viene un giorno lieto. Donato apprende che non si è così poveri come si diceva, poichè si possiede una villetta, dove il babbo, ora che ha i capelli bianchi, se ne andrà a riposare colla piccina. Donato solo rimarrà in città... e all'avvenire.

Ha promesso ai suoi cari, e più a sè medesimo, di darsi tutto allo studio. I compagni hanno le tazze e le belle, egli non ha vini nè amori di lusso. Una cosa lo tenta, Non gli occhi affumicati di donnette smorfiose, non i rubini delle bottiglie, ben altro: passar come saetta sul velocipede nelle vie di Milano, spingere a sfrenato galoppo un bel baio nei viali di circonvallazione; questo sì, lo tenta. Infine a venti anni si ha forse ragione di dire che la meccanica non basta.

Ma non per nulla Donato fu testimonio della dotta parsimonia del babbo; levandosi di bocca uno zigaro che appesta e che costa un occhio del capo, anch'egli cavalcherà il velocipede ed il baio. Certo si potrebbe mettere in disparte quel danaro per la dote di Mariuccia, ma infine a vent'anni, ditelo voi, può bastare la meccanica? E poi ora è studente, ma quando sarà ingegnere!

Ed oh! le belle miniere scavate col desiderio, i bei castelli a cui non manca il castellano canuto, nè la bionda castellana gentile! Ma un demone soffia in quelle sante visioni, il castello crolla, ed i castellani rimangono nella via più poveri di prima! Un istante ha cancellato tanti sogni affettuosi, un'ora di abbandono ha potuto più di ventidue anni di affetto... perchè vano è ora distogliere lo sguardo, una rovina si compie per opera sua; ecco il tavoliere, i mucchi d'oro che danno le vertigini, e la prima posta bramosa, e l'ultima posta tremante, e una folla di bassi sentimenti in cuore, e mille colpevoli idee nel capo, e, in un impeto di collera contro il vincitore, contro sè stesso, contro la sorte, contro Dio... ancora una posta disperata di denaro non suo!