Sull'orlo di un lago bizzarro che io amo, verde ai due capi, sottile e
torto per sinuose gole di colli selvaggi e di montagne tragiche,
sereno a mezzo il corso nell'arco di un golfo idilliaco, si affaccia
allo specchio maggiore delle acque una densa e signorile corona di
ombra. Sovente per le vie solitarie di quell'ombra fui preso dal
senso di una bellezza che più si prometta di quanto si sveli. Non la
scoprivo intera nel tremolar lucente del lago tra i tronchi, nelle
pensose montagne assise a levante del bosco, nelle alte scene lontane,
dorate di sole, che mi apparivano tratto tratto a settentrione. Mi
sorgeva invece nel cuore e me lo riempiva di sè l'idea di una
possibile parola unica nella quale consuonassero tante diverse voci di
cose; di una profonda parola di bellezza, tentante e inafferrabile
come la parola di accordi musicali che annuncino, preparino una
successiva rivelazione di suoni e invece si spengano senza seguito nel
silenzio. Così penetrato dall'anima occulta delle cose che mi
figuravo desiderosa e incapace di esprimersi a me com'ero io di
comprender lei, movevo alla più recondita sede di quel regno di ombra
dove i maggiori alberi, fronteggiandosi in giro, congiungendosi a
grande altezza in un'ascensione unica, fanno di sè ghirlanda e tempio
a un cupo fantasma.
Una giovine donna, bellissima, dai capelli scomposti, dalle vesti
cadenti, siede là sopra un alto seggio, piegato il busto gentile in
avanti, puntati i gomiti alle ginocchia, strette le guance fra i pugni
chiusi, fissi gli occhi tordidi nel vuoto. Il viso rivela una
intelligenza forte che affonda nella follia. Nessuna cura stringe più
costei nè del mondo nè di sè. Nessun vivente presuma, per esserle
stato caro, poterle recar conforto. Ella non torcerebbe un momento
gli occhi suoi avidi dalla visione di angoscia che la impietra; e
tuttavia ci balena che possa repente balzar dal seggio con uno strido,
avventarsi là dove guarda, tanto potente vita spirò nel marmo il
grande artista che le pose nome Desolazione. Si soffre davanti
all'alta Dolorosa, e si gode intensamente di soffrire. Ci partiamo
pensosi e la visione di lei ne persegue al sole, per le ombre che il
vento scompiglia, lungo le rive sonore del lago scintillante. Non ci
guasta l'incanto dei colori e dei suoni ma vi spira una malinconia
segreta che lo rende più soave, infonde alle voci delle cose un
accento nuovo e profondo. Pare che l'enigma di bellezza oscura onde
avemmo dianzi turbato il cuore vi ritorni, lo prema più forte, quasi
vi si disveli. I susurri del fogliame paiono prima dire dire
incalzando e poi dolersi, nel venir meno, di non essere intesi.
torto per sinuose gole di colli selvaggi e di montagne tragiche,
sereno a mezzo il corso nell'arco di un golfo idilliaco, si affaccia
allo specchio maggiore delle acque una densa e signorile corona di
ombra. Sovente per le vie solitarie di quell'ombra fui preso dal
senso di una bellezza che più si prometta di quanto si sveli. Non la
scoprivo intera nel tremolar lucente del lago tra i tronchi, nelle
pensose montagne assise a levante del bosco, nelle alte scene lontane,
dorate di sole, che mi apparivano tratto tratto a settentrione. Mi
sorgeva invece nel cuore e me lo riempiva di sè l'idea di una
possibile parola unica nella quale consuonassero tante diverse voci di
cose; di una profonda parola di bellezza, tentante e inafferrabile
come la parola di accordi musicali che annuncino, preparino una
successiva rivelazione di suoni e invece si spengano senza seguito nel
silenzio. Così penetrato dall'anima occulta delle cose che mi
figuravo desiderosa e incapace di esprimersi a me com'ero io di
comprender lei, movevo alla più recondita sede di quel regno di ombra
dove i maggiori alberi, fronteggiandosi in giro, congiungendosi a
grande altezza in un'ascensione unica, fanno di sè ghirlanda e tempio
a un cupo fantasma.
Una giovine donna, bellissima, dai capelli scomposti, dalle vesti
cadenti, siede là sopra un alto seggio, piegato il busto gentile in
avanti, puntati i gomiti alle ginocchia, strette le guance fra i pugni
chiusi, fissi gli occhi tordidi nel vuoto. Il viso rivela una
intelligenza forte che affonda nella follia. Nessuna cura stringe più
costei nè del mondo nè di sè. Nessun vivente presuma, per esserle
stato caro, poterle recar conforto. Ella non torcerebbe un momento
gli occhi suoi avidi dalla visione di angoscia che la impietra; e
tuttavia ci balena che possa repente balzar dal seggio con uno strido,
avventarsi là dove guarda, tanto potente vita spirò nel marmo il
grande artista che le pose nome Desolazione. Si soffre davanti
all'alta Dolorosa, e si gode intensamente di soffrire. Ci partiamo
pensosi e la visione di lei ne persegue al sole, per le ombre che il
vento scompiglia, lungo le rive sonore del lago scintillante. Non ci
guasta l'incanto dei colori e dei suoni ma vi spira una malinconia
segreta che lo rende più soave, infonde alle voci delle cose un
accento nuovo e profondo. Pare che l'enigma di bellezza oscura onde
avemmo dianzi turbato il cuore vi ritorni, lo prema più forte, quasi
vi si disveli. I susurri del fogliame paiono prima dire dire
incalzando e poi dolersi, nel venir meno, di non essere intesi.