Testo - "Pasquale Paoli, ossia la rotta di Ponte Nuovo" Francesco Domenico Guerrazzi

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Il giorno dopo, verso le nove di mattina un uomo di florida età, bello
in sembiante e, più che bello, sereno, stava fermo sopra il secondo
gradino del palazzo delle colonne di marmo, guardando trasecolato il
cielo ora da una parte, ora dall'altra, e pareva non si potesse saziare
di contemplarlo.

Egli era il signor Giacomo Boswell, giovine di trenta e qualche
anno, di capelli biondi, occhi cilestri come la più parte de' suoi
compatrioti appaiono: bensì proprio di suo ci metteva la sembianza, che
l'Onestà stessa avrebbe potuto pigliare in presto, se le fosse venuto
il capriccio di fare una visita al mondo vestita, come la signora
Bloomer, da uomo, ed un misto di costanza, di argutezza ed anco di
malizia, ma di quella buona, quasi fuoco che scalda e non iscotta. Il
signor Giacomo si lasciava governare dalle sue voglie, le quali, per
quanto talora si manifestassero singolari, essendo sempre dirette alla
conoscenza del vero, all'ammenda e al sollievo dei proprii simili,
se da un lato movevano al sorriso, dall'altro invitavano a tenergli
dietro le lacrime. Così in primavera il sole si mescola talvolta
con la pioggia, e i fiori giocondati da quello e da questa smagliano
come diamanti: vera festa della Natura. Sogliono gli uomini francesi
chiamare questi umori britanni stranezze, gl'irridono. Sta bene; essi
sono tutti uniti, tutti lisci, anzi uguali tra loro come mattoni. Però
badino: co' mattoni si fanno i pavimenti, non le cupole, e basta.

Il signor Boswell non apparteneva alla setta dei Fratelli, o
vogliamo dire Quaccheri, ma assai le si accostava coi costumi e
col vestire; abborriva la cipria; i capelli portava stretti dopo le
spalle con un nastro di seta nero senz'altra acconciatura; la barba
rasa diligentissimamente, chè gl'Inglesi non erano a quei giorni
venuti a contesa di pelo con gli orsi; le vesti tutte (se togli i
pannilini bianchi e le scarpe nere) di una stoffa eguale e colore
di piombo; nella mano manca tra l'indice e il pollice portava una
tabacchiera d'argento, alla quale imprimeva di tratto in tratto un moto
ondulatorio, e qualche volta, nelle veementi commozioni, mercè un colpo
dell'indice della destra, la faceva girare dentro la medesima morsa.

Ed ora appunto gli avea dato questo colpo solenne: nè a torto,
imperciocchè adesso il cielo gli si spandesse sul capo immenso di
azzurro sereno; e se l'occhio dell'uomo avesse potuto arrivare fino
costà laggiù nel profondo del cielo, ci avrebbe contemplato Dio nelle
magnificenze della sua gloria. Il sole, stupendo di calore e di luce,
incedeva per lo emisfero come creatura che senta la solennità del
messaggio di bandire alla terra la bontà infinita del suo Creatore. Le
aure di aprile alitavano in faccia alla gente con la salute il profumo
dell'arancio, dacchè a quei tempi Livorno non andasse gremito di case
lunghe, intirizzite, fabbricate una sopra le spalle all'altra come
frotta di perdigiorno su ritti in punta di piedi per vedere il cane
barbone che porta in giro la scimmia a cavallo; bensì abbondasse di
spazi grandi lavorati a giardino, fiorenti di ogni maniera di agrumi,
ed appunto davanti la casa del console inglese se ne ammirasse uno
vasto quanto leggiadro, attiguo al palazzo fabbricato dai signori
Franceschi di origine côrsa.