Testo - "I Puritani di Scozia" Walter Scott

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Dopo gli esercizi militari, che vennero eseguiti quel meglio che poteva
aspettarsi da uomini novizi nell'armi, e da cavalli non addestrati,
molte grida annunziarono aperto l'arringo per meritare il premio del
Pappagallo. È questo un uccello di legno, ornato di penne a più
colori, che viene collocato all'estremità d'una picca. Il merito della
gara sta in atterrarlo con un tiro d'archibuso carico a palla, e
tenendosegli ad una distanza di sessanta passi all'incirca. Il vincitore
porta nel rimanente della giornata il glorioso titolo di Capitano del
Pappagallo, e vien condotto in trionfo ad una vicina osteria, ove ha il
privilegio di far banchetto agli emuli stati meno avventurosi di lui.
Avvicinatisi per tanto i competitori al bersaglio, riportarono chi risa,
chi applausi dagli spettatori, in proporzione di maggiore o minore
destrezza manifestata. Niuno avea toccato ancora quel simulacro,
allorquando fu veduto accostarsi un giovine in abito verde, di fisonomia
che si conciliava benevolenza, e messo con semplicità non disgiunta da
eleganza, cose tutte che ne additavano non volgare la condizione. Sorse
immantinente un confuso bisbiglio, che non sarebbe stato così facile il
giudicare se fosse un contrassegno di pubblico favore.

"È egli possibile, dicean fra loro alcuni di que' più zelanti Puritani
non venuti che a proprio malgrado a quell'adunata e nei cui cuori era
più invelenito l'astio contra la monarchia, è egli possibile, che il
figlio di un tal padre si frammetta in sollazzi sì riprovevoli?" Altri,
ed era questa la maggior parte, auguravano successo onorevole al figlio
d'un capo antico de' Presbiteriani, senza perdersi nell'indagare se gli
convenisse o no disputare un tal premio.

I voti di questi furono esauditi, perchè il giovane mandò a terra il
pappagallo in mezzo ad applausi pressocchè universali. Ma il trionfo di
lui non era tuttavia assicurato perchè in prima facea mestieri, si
avventurassero allo stesso cimento tutti quelli che non avevano per
anche scaricato il proprio archibuso. Collocato nuovamente sulla picca
il finto augello, due altri concorrenti pervennero ad abbatterlo. L'un
d'essi apparteneva evidentemente all'infima classe, avvolto in grande
mantello, e studiosissimo di nascondere il volto con esso. L'altro era
un giovin signore, che terminata la rassegna non si era mai dipartito
dal fianco di lady Margherita e di miss Bellenden. Avendo la prima
d'esse manifestato rincrescimento che non si presentasse a quella gara
verun campione chiaro per fasti gentilizi, lord Evandale prese il primo
archibuso che gli si offerse ed a sua volta atterrò il pappagallo.

Niun'altro essendosi offerto a contendere il premio, s'aperse
novellamente la lizza fra i tre rivali felici, il che avvivò vieppiù la
curiosità dei circostanti. La pesante carrozza del duca venne, non senza
difficoltà posta in moto, ed avvicinata al luogo che serviva d'arena a
que' lottatori. Le signore si posero in cerchio a qualche distanza, e
gli occhi d'ognuno fisavansi su i concorrenti, e sulla meta proposta
alla loro bravura.

Il caso che doveva risolvere quale degli emuli avrebbe la preferenza del
tiro, favorì il giovine contadino, che voltosi all'altro vestito di
verde: "In coscienza mia, gli disse, sig. Enrico, se ci trovassimo in
tutt'altra circostanza mi studierei di fallire il bersaglio per lasciare
a voi questo onore, ma Ienny Dennison sta osservandoci, e non posso
dispensarmi dal fare tutto quel meglio che so."

L'effetto però non corrispose al buon desiderio del villanello, e
solamente la palla uscita del suo archibuso trascorse rasente sì al
pappagallo, che ne portò via alcune penne. Immantinente abbassando gli
occhi, e come uom che tema di esser riconosciuto, si ritirò.

Venne la sua volta al giovane dall'abito verde, che avvicinatosi atterrò
nuovamente il pappagallo, onde più numerosi e forti applausi gli
derivarono dal mezzo di quella folla. "Egli è veramente figlio di suo
padre. Viva la buona causa in eterno."

I Reali in udir tali esclamazioni aggrottavan le ciglia, ma preser
coraggio in veggendo lo stesso buon successo ottenersi da lord Evandale.

Allora Enrico montando a cavallo, e avuta cura di ben assicurarne la
sella, si diede al galoppo, e passando innanzi al bersaglio trasse e lo
abbattè per la terza volta. Tutti quelli che stavano intorno a lord
Evandale gli dipinsero la condotta tenuta dall'altro siccome una
innovazione alle antiche consuetudini, nè quindi esservi alcun obbligo
d'imitarla. Diverso però d'avviso il giovane cavaliere, volle seguir
l'esempio additatogli dal competitore; ma intanto che egli scaricava
l'arme mancò un piede al suo cavallo, onde la palla non giunse allo
scopo.

Se prima meritò lodi dovute alla sua destrezza il giovine vestito di
verde, in quel momento si fece ammirar per cortesia; poichè movendo
verso lord Evandale, gli manifestò le proprie intenzioni, di non
vantaggiare di un caso accaduto a Milord per colpa del suo cavallo, e
gli propose un secondo cimento a piedi.

"Lo accetterei più volentieri a cavallo, se al pari di voi avessi un
palafreno bene addestrato."

"Volete voi farmi l'onor di salirvi e di prestare a me il vostro?"
rispose il giovine.

Lord Evandale vergognava quasi di accettare simile offerta, che gli
avrebbe scemato il merito della vittoria, quando anche l'avesse
riportata. Per altra parte desiderava ricuperare la fama della propria
bravura. Rispose quindi al cortese emulo, cedergli ei di buon grado la
gloria della giornata, su di cui avea dimessa qualsisia pretensione, ma
accettar volentieri il partito d'un nuovo cimento, cui s'avvierebbero,
ciascun ad onore della sovrana del proprio cuore.