Testo - "Ettore Fieramosca: ossia, La disfida di Barletta" Massimo d' Azeglio

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A queste parole sorridendo gli Spagnuoli dicevan fra loro non esser
oramai da stupirsi se sempre era malinconico, e se menava una vita
tanto da sè, e diversa da quella de' giovani pari suoi. Tutti però
d'accordo lodavano la sua buona natura, il suo valore, la sua cortesia;
dal che si poteva conoscere quanto fosse amato e tenuto in pregio
da tutto l'esercito. Inigo poi, sopra tutti, che gli era amico, e
come ogni animo non volgare ammirando senza gelosia le belle doti
del guerriero italiano, quanto lo conosceva da più di sè, tanto
maggiormente lo amava, prese la parola in sua lode, con tutto il caldo
che può aver l'amicizia in un cuore spagnuolo.

-A voi piace il suo viso, ed a chi non piacerebbe? ma cos'è per un
uomo la bellezza? Se conosceste l'anima di quel giovane! la nobiltà, la
grandezza di quel cuore! ciò che egli ha osato coll'armi in mano con
quell'arrischiato valore che nei più va unito ad una certa ebbrezza, ma
in lui all'opposto fra i maggiori pericoli è sempre congiunto a freddo
consiglio!... In vita mia ne ho conosciuti dei bravi giovani, e alla
corte di Spagna e in Francia; ma vi dico da uomo d'onore, un insieme
come quell'Italiano, che, perdio, riunisce tutto, non l'ho trovato, e
non penso di trovarlo più.-

Il favore che il Fieramosca godeva nell'esercito fece sì che ognuno
volle dir la sua, mostrando premura per questi suoi casi, nè il vecchio
Segredo si mostrò duro più degli altri, e disse:

-Quantunque non abbia avuto mai tempo da perder con donne, e non abbia
mai capito come un petto coperto di maglia possa tormentarsi per loro,
non ostante quel bravo giovane, a vederlo sempre tristo, con quel
viso sbattuto, mi muove un certo sentimento, che nemmeno io posso ben
capire, e por Dios santo, darei il migliore de' miei cavalli (purchè
non fosse il Pardo) per vederlo una volta far un pajo di risate di
cuore.

-Lo dicevo io che era mal d'amore! -disse Azevedo. -Quando si vede
un giovane pallido, di poche parole, che cerca la solitudine, non si
sbaglia, è affare di gonnella. È vero però (disse sorridendo) che alle
volte un pajo di partite alla zecchinetta che vadano a rovescio, vi
metton l'amaro in bocca e vi fanno diventar pallido e malinconico per
dieci gonnelle;... ma non importa: è un'altra cosa, e poi dura meno. E
quanto a Fieramosca non c'è questo pericolo; non l'ho mai veduto con
le carte in mano... Ora capisco il motivo de' suoi viaggi notturni.
Sapete che le mie finestre guardano il molo. Più d'una volta l'ho visto
sul tardi entrare in un battello solo, allontanarsi e girare dietro
il castello. Buon viaggio, dicevo io mettendomi a letto, ognuno ha i
suoi gusti: e pensavo che cercasse fortune d'amore; ma non mi sarei mai
sognato si cacciasse in mare per piangere chi sta all'altro mondo. Pare
impossibile; un soldato par suo lasciarsi vincere da questa pazzia!

-Ciò mostra- rispose Inigo con calore -che un cuore buono ed amorevole
può star nel petto d'un uomo ardito in faccia al nemico; e, viva Dio!
che in questo s'ha a render giustizia a Fieramosca, come a tutti
gl'Italiani che i fratelli Colonna hanno sotto la loro bandiera:
nessuno di quanti portano una spada accanto ed una lancia in pugno, può
vantarsi di portarla più degnamente o d'esser da più di loro.-

A questa lode espressa col fuoco d'un animo schietto ed amante del
vero, gli Spagnuoli diedero coi cenni e colle parole un'approvazione
che non potevano negare essendo giornalmente testimoni del valore
degli uomini d'arme Italiani. Ma i tre prigionieri caldi dalle parole
e dal vino, e La Motta più degli altri, avendola con Inigo, che sempre
durante la cena lo era andato pungendo, non potè mancare alla sua
superba natura di stimar tutti nulla in paragone suo e de' suoi; onde
alle parole dello Spagnuolo rispose con un riso studiato ed un guardo
di compassione che fece montar la stizza fino ai capelli al giovine, e
gli s'accrebbe la metà quando La Motta seguì dicendo:

-Quanto a questo, messer cavaliere, nè io nè i miei compagni non siamo
del vostro avviso. Da molt'anni facciamo la guerra in Italia; e, come
già v'ho detto, abbiamo molto più veduto adoprar pugnali e veleni che
lance e spade, e vi prego di crederlo; un gendarme francese (e fece un
viso grosso) si vergognerebbe d'aver per ragazzi di stalla uomini che
non valessero meglio di questi poltroni d'Italiani: giudicate se si può
immaginare di paragonarli con noi.

-Sentite, cavaliere, ed aprite bene gli orecchi -rispose Inigo che
non potè più reggere alla passione di sentir costui dir tanta villania
de' suoi amici, e non gli parve vero di sfogarsi contra chi gli avea
storpiato il suo cavallo-se qualcuno de' nostri Italiani fosse qui, e
Fieramosca il primo, e voi foste libero, come siete prigione di Diego
Garcia, potreste imparare, prima d'andar a letto, che un uomo d'arme
francese può aver a fare a due mani per difender la sua pelle contra un
Italiano; ma poichè voi siete prigione, e qui non sono che Spagnuoli,
io che sono amico di Fieramosca e degl'Italiani, dico in loro nome, che
voi e chiunque dirà aver essi timore coll'armi in mano di chicchessia,
ed esser, come dite, poltroni e traditori, mente per la gola, e son
pronti a starne al paragone con tutto il mondo, a piedi, a cavallo,
con tutte l'armi o con la sola spada, dove, e quando, e sempre che vi
piacerà.-

La Motta ed i compagni, i quali al cominciar di quelle parole s'erano
rivolti con atto superbo verso chi le diceva, mutandosi gradatamente in
volto, fra l'adirato e l'attonito, ne stavano attendendo la fine. Come
accade in una brigata, allorchè in mezzo allo schiamazzo e alle risa,
si sente sorger una voce e dir parole di ferro e di sangue, che ognuno
tace e si volge sospeso a chiarire il fatto, cessato il bisbiglio, ogni
Spagnuolo stette ad orecchie tese, aspettando che cosa potesse nascere
da questa prima rottura.