Ei non ha cosa di che io cerchi più correggere i miei scolari, come
delle sciocche paure e superstizioni che quasi tutti mi vengono
arrecando dalla casa paterna. Delle quali, ogni volta che io volli
chiedere ragione agl'ignoranti genitori, il più sovente trovai che non
davano credenza essi medesimi a quelle befane, a quegli uomini, o lupi
neri, a quegli spiriti, di che andavano spaventando i paurosi monelli.
Ma dicono non potersi educare bambini, nè far loro fare ciò che si
vuole, o trattenerli da ciò che non si vuole senza queste paure. Stolta
pigrizia di questi, come di molti altri educatori! che studiano
diminuire le difficoltà non a' loro fanciulli, ma a sè stessi; e quando
loro è chiesta una spiegazione, danno invece una bugia; e invece d'una
correzione una bussa o una paura. Molte di queste poi, principalmente se
il luogo aiuti colla spaventosa apparenza, rimangono anche negli adulti,
e passano d'una in altra generazione, asserite finalmente come cose
vere, e credute ab antico. Tuttavia, perchè uso andar cercando quel po'
di bene che si trova quasi sempre anche nel male, credo che di quella
non mal intenzionata origine delle superstizioni popolari venga che
quasi tutte hanno in sè qualche insegnamento virtuoso; ed alle novelle
di esse rimane siffatto vantaggio sopra molte di quelle immaginate
dagl'ingegni più colti, ma più corrotti.
Questi, e molti altri pensieri nati di essi, io andava seguendo sta sera
come il sole cadente dietro le alpi di Susa veniva cogli obliqui raggi
allungando le ombre, ricercando i chiari-scuri, e distinguendo con
infinite mezze tinte giallognole ogni vetta, ogni paesuccio, ogni
castello di questi Appennini, Astigiani e Monferrini; i quali
all'altr'ore del giorno non sembrano che onde indistinte di un mare di
colli. Aggiugnevasi nel cielo, rasserenatosi dopo un grosso temporale,
quell'umido trasparente che accresce la luce, avviva i colori, e
diminuisce le distanze apparenti di ogni oggetto. Così è che io
distingueva chiaramente il castello di C., detto anche volgarmente il
castello Verde e le sue torri; cui niun moderno novelliere dubiterebbe
dire romantiche, solo a vederle spiccar di mezzo a' neri boschi, campo
adattatissimo a tal quadro. Quanto più poi, se fermandosi all'ombra
dell'une o degli altri, e interrogando qualche romito là presso, o
qualche pastore o pastorella sbigottita, od anche un parroco, o un
vecchio nonno, ne avessero la narrazione popolare seguente!
delle sciocche paure e superstizioni che quasi tutti mi vengono
arrecando dalla casa paterna. Delle quali, ogni volta che io volli
chiedere ragione agl'ignoranti genitori, il più sovente trovai che non
davano credenza essi medesimi a quelle befane, a quegli uomini, o lupi
neri, a quegli spiriti, di che andavano spaventando i paurosi monelli.
Ma dicono non potersi educare bambini, nè far loro fare ciò che si
vuole, o trattenerli da ciò che non si vuole senza queste paure. Stolta
pigrizia di questi, come di molti altri educatori! che studiano
diminuire le difficoltà non a' loro fanciulli, ma a sè stessi; e quando
loro è chiesta una spiegazione, danno invece una bugia; e invece d'una
correzione una bussa o una paura. Molte di queste poi, principalmente se
il luogo aiuti colla spaventosa apparenza, rimangono anche negli adulti,
e passano d'una in altra generazione, asserite finalmente come cose
vere, e credute ab antico. Tuttavia, perchè uso andar cercando quel po'
di bene che si trova quasi sempre anche nel male, credo che di quella
non mal intenzionata origine delle superstizioni popolari venga che
quasi tutte hanno in sè qualche insegnamento virtuoso; ed alle novelle
di esse rimane siffatto vantaggio sopra molte di quelle immaginate
dagl'ingegni più colti, ma più corrotti.
Questi, e molti altri pensieri nati di essi, io andava seguendo sta sera
come il sole cadente dietro le alpi di Susa veniva cogli obliqui raggi
allungando le ombre, ricercando i chiari-scuri, e distinguendo con
infinite mezze tinte giallognole ogni vetta, ogni paesuccio, ogni
castello di questi Appennini, Astigiani e Monferrini; i quali
all'altr'ore del giorno non sembrano che onde indistinte di un mare di
colli. Aggiugnevasi nel cielo, rasserenatosi dopo un grosso temporale,
quell'umido trasparente che accresce la luce, avviva i colori, e
diminuisce le distanze apparenti di ogni oggetto. Così è che io
distingueva chiaramente il castello di C., detto anche volgarmente il
castello Verde e le sue torri; cui niun moderno novelliere dubiterebbe
dire romantiche, solo a vederle spiccar di mezzo a' neri boschi, campo
adattatissimo a tal quadro. Quanto più poi, se fermandosi all'ombra
dell'une o degli altri, e interrogando qualche romito là presso, o
qualche pastore o pastorella sbigottita, od anche un parroco, o un
vecchio nonno, ne avessero la narrazione popolare seguente!