Testo - "Il processo e l'assoluzione di "Mafarka il Futurista"" Salvatore Barzilai

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Io sono un avvocato più teorico che pratico; assumo le difese più per gusto intellettuale e sentimentale che con la speranza di lucro; ho un'assoluta tranquilla ignoranza di quasi tutte le cose che si riferiscono al giure; mi trovo dunque in questa causa all'atto sì di un cliente, ma all'atto soprattutto di un amico, come uomo che ha un piacere morboso, qualche volta una passione delle lettere, vicino a un altr'uomo il quale mi ha dichiarato di essere un ammalato di letteratura. Il mio discorso sarà dunque disordinato, poco conclusivo: discorso di sensibilità, discorso di solidarietà estetica, ma credo che ce ne sia bisogno, soprattutto perchè, sia detto con ogni rispetto, il rappresentante dell'accusa pubblica, sabato, non ha dato prova di quelle virtù di serenità e di bontà che egli ha lodato spontaneamente in sè stesso. Egli ha rivelato una strana antipatia per colui che è un prevenuto; egli che deve essere un uomo mite, uno spirito indulgente e generoso, era evidentemente attraversato da una passione di dissomiglianza estetica. Non so se l'offendo, ma mi pare di capire che se l'amico Marinetti è il capo ardente, appassionato, convulsivo quasi, del Futurismo, il sig. avv. Valenzano è un passatista della più bell'acqua. Egli ha un'antipatia formidabile per il piacere dello stile singolare; egli ha un disgusto che lo ferma quasi quasi in un dissidio morale davanti a un'immagine insolita, davanti ad un aggettivo eccessivo, davanti a un periodo composto di nuovi elementi.

Noi ci troviamo di fronte non a uno dei soliti o prevenuti o imputati, ma a un gentiluomo - perchè Marinetti è sì futurista, è sì letterato, è sì uomo di discussioni pubbliche accese, è l'inventore se vogliamo di un genere di comizi di battaglia che possono avergli suscitato contro le antipatie dell'infinita bestialità collettiva che regna e governa il dolce nostro paese, ma è anche e soprattutto un gentiluomo. - Abbiamo udito qui la parola di tale uomo che non si sarebbe mosso con una preoccupazione soltanto letteraria se la solidarietà non potesse essere anche morale: Luigi Capuana. Egli è abbastanza innanzi con l'età, è abbastanza alto nella nominanza, è abbastanza sicuro della sua coscienza e della sua vita per non aver bisogno che io attesti di lui in questo momento. Ma certo quando Luigi Capuana che non è uno dei soliti professionisti della parola o un medico legale disposto a sostenere la delinquenza congenita sì e no a seconda che sia pagato da una o dall'altra parte, ma che è insegnante in un ateneo, amico della gioventù, spirito austero; quando Luigi Capuana viene e pone la sua mano nella mano incriminata dello scrittore di Mafarka, allora mi domando come sia possibile, equo, elegante, che il rappresentante dell'accusa pubblica cominci, continui e termini in tono aspro e ostile che mostra essere la sua anima turbata, non essere il suo spirito sereno.

Ecco dunque la mia solidarietà per la sua antipatia e la mia solidarietà forse sarà più utile che non l'antipatia del rappresentante del Pubblico Ministero, perchè io non so se saprò leggere quest'oggi - di solito non si riesce a far quel che si vuole quando si è molto innamorati della propria impresa - ma di solito io capisco di più i volumi di letteratura che non mostri di capirli il rappresentante del Pubblico Ministero, e di solito io leggo meglio la prosa italiana che non abbia mostrato di saperla leggere, quando è prosa italiana futurista, l'accusatore.

Egli ci ha detto: "Mafarka il futurista, romanzo. Signori del Tribunale, state in guardia. Io sono un pover'uomo, ma io voglio leggervelo e riassumervelo. Mafarka è un re africano, re di non so quale paese perchè il nome io non lo saprei pronunciare, ma sta il fatto ad ogni modo che egli è nipote di uno zio il cui nome non mi sovviene ma è senza dubbio nipote di uno zio che c'è, perchè non si può essere nipote senza avere uno zio. Questo nipote di uno zio ha vinto una battaglia e ha detronizzato il proprio parente. Siamo nell'ora della vittoria. Si portano i prigionieri, le vettovaglie, il bottino e poi avviene uno stupro di negre. Signori del Tribunale, pagina tale... Io ho fatto chiudere le porte per potervi leggere con un'antipatia piena di compiacenza, con una compiacenza piena di antipatia, queste pagine, queste righe orribili, che mi danno un po' del piacere che forse ai ragazzi danno le righe orribili del vocabolario, quando sono fra le loro mani per la prima volta, in cui si definiscono i genitali del maschio e della femmina: righe orribili che non si capisce perchè siano stampate in libri che vanno per le scuole, in cui si definisce quella parte deliziosa che non voglio nominare e la seconda parte che non posso nominare, e la terza parte che è deliziosa in Germania ma che non voglio nominare e che riesce deliziosa anche in Italia.

Detto ciò, il rappresentante del P. M. vi ha guardati, signori del Tribunale, e ha detto: Era necessario? Ecco la mia domanda, ecco tutta l'imputazione: ecco che mi frappongo fra Marinetti letterato, io che non sono letterato e la sua letteratura, io che non capisco e che non amo la sua opera letteraria. Era necessario? Vi ho detto in quattro parole che cosa è un capitolo di parecchie pagine, di queste parecchie pagine vi ho lette alcune righe, e poi vi ho chiamati a giudici". Signori del Tribunale, io non so, voi potete farlo, tutto si può fare, anche il miracolo, si può anche intuire ciò che non si legge; ma quando si vuol accusare con rettitudine, con serenità d'animo, con profonda sincerità umana, allora si danno tutti gli elementi dell'accusa, e allora si legge completamente il capitolo e si pongono in rapporto le parole incriminate e allora si domanda: E necessario?

Senza di ciò non è più l'accusa, ma è la pugnalata nella schiena. Io mi posso salvare dal ladro, ma non dal Procuratore del Re, se mi ruba la mia fama! (Applausi).