La parte principale, ch'era la più ampia ed elevata, era recentemente data, perché fatta pressoché tutta erigere dall'ultimo suo possessore, il Medici. Ben quattrocento passi s'innalzava essa dal piano del lago, e formava lo stremo superiore del castello, e tre terrapieni sostenuti da rivellini, scendenti ad uguali distanze come altrettanti scaglioni, su ognun dei quali eravi un forte con torri e bastite, dividevano il rimanente dello spazio; e questi erano le tre loriche o corazze dall'oltremontano Storico accennate. A fianco di essi scendeva un doppio ordine di mura, munito di altre torri, che li serrava tutti in un sol corpo, e vi si aggiungevano in più luoghi palafitte e steccati. Nella sommità, l'ultimo muro della fortezza non avea già a ridosso l'erto pendio della montagna: un profondo taglio di smisurata grandezza, praticato nel vivo masso, lo disgiungeva a guisa di vasto fossato; e chi, dal giogo del monte, avesse avuto in animo di calare alla volta del Castello, dopo essere disceso a grave stento per la precipitosa e nuda balza, giuntovi dappresso trovava quell'insuperabile ostacolo del taglio, ove chi fosse stato sì ardito e fortunato da scendervi illeso trovava il fondo ghermito di triboli, punte e lame taglienti, e vedeasi di fronte la rupe inaccessibile, e su quella la muraglia del Castello, da cui scagliavasi per appositi pertugi una grandine di palle e di saette a recare inevitabil morte.
Le torri, le mura, i baluardi andavano orlati di merli, e forati da lunghi ordini di feritoie e di balestriere: in molti siti vedevansi le muraglie guarnite di grosse pietre tagliate a tetragoni, ov'era il posto delle artiglierie, poiché fra i castelli italiani fu l'uno de' primi quel di Musso ad aversi ne' suoi valli costrutte le ballatoie per le colubrine e le bombarde. Sopra una torre d'ogni forte stava inalberata una bandiera coll'armi del Castellano, e sull'alto della torre più elevata di tutto il Castello sventolava il grande stendardo Mediceo che portava per insegna tre palle d'oro in campo rosso.
Tal era il prospetto generale che di quel Castello si offriva a chi il guardava da lungi sul lago, dai monti o dalla sottoposta via; ma quelli che venivano considerando da vicino e partitamente le sue quattro rocche, sui diversi spaldi innalzate, discernevano agevolmente quanto l'aspetto di ciascuna fosse dall'altro svariato. Il più antico di que' guerreschi edifizi era il secondo, procedendo dall'alto, le cui mura più brune, e più dell'altre semplicemente erette, ne attestavano a chiare note la vetustà. Ma chi ne avea poste le fondamenta? Erano essi stati i Galli, i Romani, o gli aborigeni Lariensi? Ciò si asconde nella notte dei tempi, e vano per noi sarebbe il tentare di rintracciarne notizia.
All'epoca di cui parliamo erano già scorsi più di otto secoli da che i Goti ne avevano fatta una Rocca che veniva nomata di San Childerico, perché contigua ad essa si erigeva una chiesa sacrata a quel santo Re del settentrione, e quivi si chiuse, nel settecento, protetto dai valorosi Pievesi, il longobardo Ansprando col figlio del re Liutberto, per sottrarsi alle persecuzioni del possente Ariberto II, contro cui non gli valsero gli scogli ed i baluardi di che andava doppiamente munita l'Isola Comacina.
Que' nordici dominatori avevano data all'antica Rocca di Musso una gotica forma: non s'intende però disegnar con tal nome quell'architettonica foggia cui peculiare distintivo sono i frastagli, le gugliette, le statue, i rabeschi, che comunemente col titolo di Gotica suol indicarsi, e che fu propria d'un'età a noi meno di quella discosta; ma bensì una maniera semplice e liscia all'intutto, avente solo qualche grossolano intaglio nelle modanature. La Rocca infatti di San Childerico presentava un rettangolo non elevato di troppo né largo, costrutto interamente di pietre, con fronte piana fiancheggiata da due quadrate torri cinte di merli a fil di muro; avea quadre le finestre e la porta, sovra cui s'apriva nel muro una loggia distinta da colonnette in tre vani, ad ognuno de' quali corrispondeva una picciola porta.
S'ignora come il patrocinio della Chiesa di quella Rocca passasse da San Childerico a Santa Eufemia, cui venne dedicata assai prima che il Medici la possedesse; e mantenne poscia per sempre, poiché fra le tante mura che rendevano inespugnabile quel luogo, unico quel tempietto rimase fino a' dì nostri incolume e solitario sulla balza del monte.
Le torri, le mura, i baluardi andavano orlati di merli, e forati da lunghi ordini di feritoie e di balestriere: in molti siti vedevansi le muraglie guarnite di grosse pietre tagliate a tetragoni, ov'era il posto delle artiglierie, poiché fra i castelli italiani fu l'uno de' primi quel di Musso ad aversi ne' suoi valli costrutte le ballatoie per le colubrine e le bombarde. Sopra una torre d'ogni forte stava inalberata una bandiera coll'armi del Castellano, e sull'alto della torre più elevata di tutto il Castello sventolava il grande stendardo Mediceo che portava per insegna tre palle d'oro in campo rosso.
Tal era il prospetto generale che di quel Castello si offriva a chi il guardava da lungi sul lago, dai monti o dalla sottoposta via; ma quelli che venivano considerando da vicino e partitamente le sue quattro rocche, sui diversi spaldi innalzate, discernevano agevolmente quanto l'aspetto di ciascuna fosse dall'altro svariato. Il più antico di que' guerreschi edifizi era il secondo, procedendo dall'alto, le cui mura più brune, e più dell'altre semplicemente erette, ne attestavano a chiare note la vetustà. Ma chi ne avea poste le fondamenta? Erano essi stati i Galli, i Romani, o gli aborigeni Lariensi? Ciò si asconde nella notte dei tempi, e vano per noi sarebbe il tentare di rintracciarne notizia.
All'epoca di cui parliamo erano già scorsi più di otto secoli da che i Goti ne avevano fatta una Rocca che veniva nomata di San Childerico, perché contigua ad essa si erigeva una chiesa sacrata a quel santo Re del settentrione, e quivi si chiuse, nel settecento, protetto dai valorosi Pievesi, il longobardo Ansprando col figlio del re Liutberto, per sottrarsi alle persecuzioni del possente Ariberto II, contro cui non gli valsero gli scogli ed i baluardi di che andava doppiamente munita l'Isola Comacina.
Que' nordici dominatori avevano data all'antica Rocca di Musso una gotica forma: non s'intende però disegnar con tal nome quell'architettonica foggia cui peculiare distintivo sono i frastagli, le gugliette, le statue, i rabeschi, che comunemente col titolo di Gotica suol indicarsi, e che fu propria d'un'età a noi meno di quella discosta; ma bensì una maniera semplice e liscia all'intutto, avente solo qualche grossolano intaglio nelle modanature. La Rocca infatti di San Childerico presentava un rettangolo non elevato di troppo né largo, costrutto interamente di pietre, con fronte piana fiancheggiata da due quadrate torri cinte di merli a fil di muro; avea quadre le finestre e la porta, sovra cui s'apriva nel muro una loggia distinta da colonnette in tre vani, ad ognuno de' quali corrispondeva una picciola porta.
S'ignora come il patrocinio della Chiesa di quella Rocca passasse da San Childerico a Santa Eufemia, cui venne dedicata assai prima che il Medici la possedesse; e mantenne poscia per sempre, poiché fra le tante mura che rendevano inespugnabile quel luogo, unico quel tempietto rimase fino a' dì nostri incolume e solitario sulla balza del monte.