Testo - "Falco della rupe; O, La guerra di Musso" Giambattista Bazzoni

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La parte principale, ch'era la più ampia ed elevata, avevasi recente
data, perchè fatta pressochè tutta erigere dall'ultimo suo possessore,
il Medici. Ben quattrocento passi s'innalzava dessa dal piano del lago,
e formava lo stremo superiore del castello, e tre terrapieni sostenuti
da rivellini, scendenti ad uguali distanze come altrettanti scaglioni,
su ognun dei quali eravi un forte con torri e bastite, dividevano il
rimanente dello spazio; e questi erano le tre loriche o corazze
dall'oltremontano Storico accennate. A fianco di essi scendeva un doppio
ordine di mura munito di altre torri che li serrava tutti in un sol
corpo, e vi si aggiungevano in più luoghi palafitte e steccati. Nella
sommità l'ultimo muro della fortezza non avea già a ridosso l'erto
pendío della montagna: un profondo taglio di smisurata grandezza,
praticato nel vivo masso, ne ve lo disgiungeva a guisa di vasto fossato;
e chi dal giogo del monte avesse avuto in animo di calare alla volta del
Castello, dopo essere disceso a grave stento per la precipitosa e nuda
balza, giuntovi dappresso trovava quell'insuperabile ostacolo del
taglio, ove chi fosse stato sì ardito e fortunato da scendervi illeso
trovava il fondo ghermito di triboli, punte e lame taglienti, e vedeasi
di fronte la rupe inaccessibile, e su quella la muraglia del Castello,
da cui scagliavasi per appositi pertugi una grandine di palle e di
saette a recare inevitabil morte. Le torri, le mura, i baluardi andavano
orlati di merli, e forati da lunghi ordini di feritoie e di balestriere:
in molti siti vedevansi le muraglie guarnite di grosse pietre tagliate a
tetragoni, ov'era il posto delle artiglierie, poichè fra i castelli
italiani fu l'uno de' primi quel di Musso ad aversi ne' suoi valli
costrutte le ballatoie per le colubrine e le bombarde. Sopra una torre
d'ogni forte stava inalberata una bandiera coll'armi del Castellano, e
sull'alto della torre più elevata di tutto il Castello sventolava il
grande stendardo Mediceo che portava per insegna tre palle d'oro in
campo rosso.

Tal era il prospetto generale che di quel Castello si offriva a chi il
guardava da lungi sul lago, dai monti o dalla sottoposta via; ma quelli
che venivano considerando da vicino e partitamente le sue quattro rocche
sui diversi spaldi innalzate, discernevano agevolmente quanto l'aspetto
di ciascuna fosse dall'altro svariato. Il più antico di que' guerreschi
edificii era il secondo, procedendo dall'alto, le cui mura più brune, e
più dell'altre semplicemente erette, ne attestavano a chiare note la
vetustà. Ma chi ne avea poste le fondamenta? Erano dessi stati i Galli,
i Romani, o gli aborigeni Lariensi? Ciò si asconde nella notte dei
tempi, e vano per noi sarebbe il tentare di rintracciarne notizia.
All'epoca di cui parliamo erano già scorsi più di otto secoli da che i
Goti ne avevano fatta una Rocca che veniva nomata di San Childerico,
perchè contigua ad essa si erigeva una chiesa sacrata a quel santo Re
del settentrione, e quivi si chiuse nel settecento, protetto dai
valorosi Pievesi, il longobardo Ansprando col figlio del re Liutberto,
per sottrarsi alle persecuzioni del possente Ariberto II, contro cui non
gli valsero gli scogli ed i baluardi di che andava doppiamente munita
l'Isola Comacina. Que' nordici dominatori avevano data all'antica Rocca
di Musso una gotica forma: non s'intende però disegnar con tal nome
quell'architettonica foggia cui peculiare distintivo sono i frastagli,
le gugliette, le statue, i rabeschi, che comunemente col titolo di
Gotica suol indicarsi, e che fu propria d'un'età a noi meno di quella
discosta, ma bensì una maniera semplice e liscia all'intutto, avente
solo qualche grossolano intaglio nelle modanature. La Rocca infatti di
San Childerico presentava un rettangolo non elevato di troppo nè largo,
costrutto interamente di pietre, con fronte piana fiancheggiata da due
quadrate torri cinte di merli a fil di muro, avea quadre le finestre e
la porta, sovra cui s'apriva nel muro una loggia distinta da colonnette
in tre vani, ad ognuno de' quali corrispondeva una picciola porta.
S'ignora come il patrocinio della Chiesa di quella Rocca passasse da San
Childelrico a Santa Eufemia, cui venne dedicata assai prima che il
Medici la possedesse; e mantenne poscia per sempre, poichè fra le tante
mura che rendevano inespugnabile quel luogo, unico quel tempietto rimase
fino a' dì nostri incolume e solitario sulla balza del monte.