Testo - "La plebe" Vittorio Bersezio

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Era una notte d'inverno, ed una fitta nebbia copriva la città di Torino.
Chi ha visto a quella stagione ed a quell'ora le brutte e infangate
stradicciuole di quella parte dell'oradetta città che chiamano Torino
vecchia; quelle stradicciuole in cui stanno raccolte e come a confino le
miserie più gravi, i cenci più logori e le più scandalose turpitudini;
chi le ha viste quando quella caligine nebbiosa le ingombra e depone
sopra ogni cosa, sul selciato, sulle pareti annerite delle case, sui
panni e in volto a chi passa, una specie di rugiada fredda e fastidiosa
che ti punge con piccolissime goccie gelate negli occhi e ti immolla le
vesti addosso e ti penetra sotto a dar freddo sino alle intime midolle;
chi ha visto a quell'ora quei quartieri sa che cosa sia la cupa
tristezza delle abitazioni dei poveri in mezzo allo squallore della
miseria ed al cattivo tempo della stagione.

Se t'avviene di passare per quei luoghi, tu senti quasi una mano di gelo
posarsi adagio e pesar poi sul tuo cuore. Una nuova melanconia t'occupa
l'anima e i sensi; il respiro medesimo da quell'afa nebbiosa, da
quell'umido freddiccio, da quell'angustia di spazio, ti pare impedito;
una strana malavoglia, incerta, vaga, ma potente, piglia possesso di te;
e tu, guardando i cenciosi che sfilano taciti e lenti a randa al muro,
come ombre nel Tartaro degli antichi; ricevendo nei tuoi occhi il
lucicchiar febbrile di quelli delle povere traviate che in
quegl'immondi casamenti hanno loro stanza e s'aggirano, vere anime in
pena, facendo risaltar la miseria inorpellata de' lor panni di color
gaio nello scuro del nebbiume; vedendo tra le imposte d'un uscio di
bottega socchiuso tremolare un raggio giallognolo della lucerna ad olio,
al cui lume misere creature faticano a compiere il lavoro della giornata
che ha da comprare lo scarso pane alla famiglia, tu, anche tuo malgrado,
se non hai cuore d'avaro o di borsiere, ti sentirai le lagrime entro gli
occhi.

Freddo, fame, strappi, sozzure materiali e morali ti stanno dattorno; un
vecchio che tende la mano, un bimbo che piange, una donna che si vende,
e su tutto la tenebra della notte che col gocciolar della sua nebbia par
proprio che pianga.

E tu pensi alle necessità fatali di questa civiltà che mostra di aver
testa soltanto e non cuore, o se cuore, non a sufficienza la mente da
provvedere a questi danni; e il mistero del problema sociale t'afferra,
e ad un tratto ti travolge dall'intelletto all'anima un mondo tumultuoso
di pensieri e d'affetti avversi e pugnaci, mettendo in lotta gl'istinti
e la ragione, il senno e la pietà, il possibile e il desiderio.

E così appunto, quella sera, per una di codeste strade, se ne stava
dell'animo, camminando, un uomo, il cappello a larga falda tirato sugli
occhi, il viso mezzo nascosto nelle pieghe d'un mantello anzi logoro che
no, il quale non lasciava scorgere che il pallore delle guancie e la
fiamma d'uno sguardo acceso, di persona nè alto nè basso, l'andare nè
spedito nè impedito, curvo il petto, e il passo di chi va senza scopo
che lo chiami o cosa che gli prema.