Testo - "Un bel sogno" Achille Giovanni Cagna

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Erano melodie spontanee soavemente malinconiche, vibrazioni patetiche
che scorrendo sullʼaria quali folate armoniche, andavano perdendosi
lamentosamente a guisa di zeffiro che destandosi vigoroso ed ardito
si smarrisce tra i fogliami delle siepi, e muore alitando un flebile
sospiro.

Non era difficile lʼaccorgersi che quelle soavi modulazioni erano
prodotte da unʼabile mano che rispondeva interprete ad un gentilissimo
sentire-Per concepire ed esprimere quel misterioso linguaggio che si
chiama musica, bisogna avere il cuore suscettibile alle soavi emozioni,
ed i concenti sublimi di quel pianoforte erano lʼemanazione palpitante
di una fantasia delicata, erano la voce, lʼespressione di un sentimento
puro, ineffabile, celeste.

Per quanto possa essere lʼarte inerente allʼuomo, nullameno lʼartista
vive si può dire di una doppia esistenza; lʼarte è unʼegoista,
unʼinnamorata gelosa che si costituisce nella mente degli uomini
un governo speciale, assoluto, determinato a certi momenti in cui
tutte le altre facoltà dellʼintelletto devono inevitabilmente
sottomettersele-Lʼartista, il vero artista della fantasia, cessa
dʼesser uomo nel momento che crea, la sua mente sprigionandosi dalla
cerchia troppo angusta in cui è costretta, erra libera negli spazi
dellʼinfinito in cerca di emozioni da trasfondere ed imprimere nelle
opere dʼarte.

Egli è appunto in uno di questi momenti che noi sorprenderemo il
giovane pianista Ermanno Alvise, giacchè era desso il gentile
disturbatore del silenzio notturno, era desso che colle soavi melodie
arrestava il passeggiero per quella via costringendolo ad assaporare
sino allʼestremo quei melodiosi sospiri.

Un salotto arredato con molto gusto, e di cui principale ornamento era
un pianoforte verticale di elegante costruzione, un tavolino ripieno di
scartafacci di musica, alcune sedie ed una poltrona che dallʼampia sua
forma prometteva un comodo adagiarsi; ecco lo studio del nostro Ermanno
il quale stava seduto al pianoforte colle mani erranti sulla tastiera
nellʼabbandono di chi tenta modulare i concetti che gli attraversano la
fantasia.

Ermanno avea 25 anni, la sua statura era un medio, nè troppo alta nè
troppo bassa; ciò che più colpiva in lui erano due grandʼocchi bruni
che spiccavano sopra il volto palliduccio e gramo; la sua figura non
aveva nulla di straordinario, allʼinfuori di una leggiera mestizia che
spiravagli dallo sguardo.-

Allorchè egli era rapito dalla corrente delle sue idee, le labbra si
socchiudevano lasciando sfuggire un lieve sorriso di soddisfazione.

Dotato di un grandissimo amore per la musica, egli aveva di gran
lunga superate le belle speranze concepite sul suo ingegno; al culto
dellʼarte ei dedicò i suoi primi anni, e giovanissimo ancora era salito
in bella fama. Nessuno meglio di lui traeva accordi più soavi dal
pianoforte, la musica da lui eseguita aveva lʼimpronta di un linguaggio
misterioso, ed il fascino che sapeva esercitare sullʼanimo degli
uditori era sì grande, che bene spesso era giuocoforza abbandonarsi
colla mente a tutte le oscillazioni di quelle corde, che sotto le dita
del giovane pianista fremevano dʼun nuovo accento, ed accarezzavano
lʼudito siccome le patetiche modulazioni dellʼarpa-Ma ciò che più
di tutto distingueva Ermanno, era la sua abilità nellʼimprovvisare
sul pianoforte. Allora la fantasia svincolandosi dalle strettoie
di un concetto limitato in poche linee di stampa prendeva il largo
negli spazi infiniti della sua feconda immaginativa; in questi slanci
della mente appariva vergine ed intatto il genio dellʼartista, che
secondando lʼimpulso dʼun cuore ardentissimo, ora strappava lacrime
con un adagio flebile, delicato, quasi impercettibile che ricercava le
fibre dellʼascoltatore, e carezzandole soavemente inspirava allʼanimo
sensi di dolcissima mestizia-Ora come torrente che straripa, le note
incalzavano le note, e tanto rapidamente, che pareva dʼassistere allo
spettacolo dʼun temporale dʼinferno, allo urtarsi impetuoso di schiere
dʼarmati spronati ad orribile massacro.

Era bello Ermanno in quei momenti di abbandono, il suo sguardo stava
sempre rivolto alle mani, elio agilissime sorvolavano sui tasti con
tanta grazia e delicatezza come si accarezzerebbe la chioma di una
donna amata.

Da qualche tempo egli lavorava alla composizione di una fantasia
nella quale stillava tutta la sua feconda inspirazione. Buona parte
ne era fatta, ma la riuscita non corrispondeva mai alle esigenze
dellʼartista.

Passava ore intiere alla ricerca di una frase, diremo di più, ogni nota
era lʼoggetto di un paziente esame, ne provava tutte le vibrazioni,
ne analizzava lʼaccento modulandola in mille guise finchè lʼaveva
collocata al suo vero posto-Era un lavoro lunghissimo, un raffinamento
squisito del genio, un ricamo della fantasia.

Sorprendiamo Ermanno in una delle sue veglie. La notte era già di molto
avanzata, eppure non se ne accorgeva; da più di unʼora le sue mani
cercavano sulla tastiera unʼidea inafferrabile che gli attraversava la
fantasia senza poterla colpire.-Non solamente la parola si ribella ad
esprimere tutto ciò che si concepisce; la musica siccome quella che
presenta un campo pia vasto nella regione delle idee, riesce sempre
più indecisa nellʼespressione del pensiero. Qual è lʼartista che possa
vantarsi di tradurre fedelmente le idee che gli sorgono dalla mente?
Tutto ciò che si esprime in arte non è che una pallida riproduzione
di ciò che si concepisce. Se le parole potessero tener dietro e
concretizzare tutti i voli dellʼimmaginazione, sarebbe gran ventura per
gli uomini di genio.