Testo - "Voli di guerra: Impressioni di un giornalista pilota" Otello Cavara

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Forse l'allievo pilota vive il momento più emozionante quando presenta
la domanda per essere ammesso a una scuola d'aviazione. Egli non
reca in sè che un elemento certo: la decisa volontà di riuscire. Ma
l'attitudine a volare è per lui un'incognita la quale lo pone fra
l'avidità di provarsi e il dubbio di fallire nel tentativo.

La guerra ha creato un tipo speciale di volontario dell'aviazione:
il pacifico borghese del tempo beato in cui non si credeva alla
conflagrazione mondiale, pacifico borghese che dovendo in occasione
della guerra assumersi la sua parte di azione e di pericolo, e
avendo una predilezione per gli atti che derivano direttamente dalla
responsabilità individuale, sceglie l'aviazione conscio di rendere
un servizio militare non meno prezioso e periglioso d'ogni altro, e
conscio di valorizzare al massimo grado le proprie attitudini morali e
fisiche in un'arma di straordinaria bellezza.

Ed è per ciò che oggi l'aviazione militare aduna rappresentanti
d'ogni ambiente, d'ogni cultura e d'ogni mentalità. Diversi per
il loro passato, gli allievi si identificano nell'esuberanza delle
loro energie, nella dedizione completa ai cimenti aviatorii, nella
fraternità che deriva dal comune mistero della loro sorte. Essi più
o meno passano traverso le medesime fasi psicologiche: trepidazioni e
speranze della vigilia; incosciente disinvoltura durante i primi voli;
poi una successione crescente di depressioni e di rivincite al contatto
di difficoltà sempre più intense.

L'allievo giungendo alla scuola è curioso d'ogni particolare. I
motoscafi e gli autocarri che recano gl'istruttori e gli scolari,
sembrano colmi di gitanti spensierati: e in realtà costoro si accingono
ad effettuare i quotidiani voli con la medesima disinvoltura con
cui s'intraprende una passeggiata. La scuola aspetta con i capannoni
spalancati innanzi all'ampio specchio d'acqua su cui dovranno svolgersi
i voli. Gli idrovolanti sono allineati lungo la riva, ciascuno sulla
propria pista di legno che dal capannone scende nell'acqua.

Maestri e allievi vanno a fare toilette. Ognuno ha i propri indumenti
di volo. Chi indossa lo scafandro o la pelliccia, chi un maglione,
chi s'avvolge il collo d'una sciarpa, chi s'applica un passamontagna,
chi il casco. Tutti fanno uso di occhiali e guanti. La trasformazione
è sensibile. Le fisionomie scompaiono sotto le maschere e le lenti.
Eleganti ufficiali assumono aspetti strani, apparenze grottesche
di palombari, di clowns, le loro linee svelte si ricoprono -
specialmente dopo l'applicazione del salvagente - di gonfie gibbosità.

Ad ogni apparecchio corrisponde un istruttore ed una sezione di
allievi. Il primo allievo cui spetta di volare - si segue un turno a
rotazione - s'ingolfa nella complicazione di fili dell'idrovolante
e scende nello scafo, sedendo a destra dell'istruttore dopo aver
messo in movimento il motore con giri di manovella. L'apparecchio si
stacca dalla riva e l'allievo, afferrato il suo volante e occupati i
pedali, si accinge a manovrare. Il maestro ha pure il suo volante e
controlla la manovra del suo vicino intervenendo con cenni della mano
o con dirette correzioni ogni qualvolta lo scolaro tarda, precipita
o confonde i suoi movimenti. Gli idrovolanti partono ad uno ad uno
striando lo specchio di spuma, oscillando per sollevare i galleggianti
e la coda, poi raggiunta la velocità voluta, saltellano e spiccano il
volo. Al ritorno, l'istruttore spiega gli errori commessi dal discepolo
e questi li attenua affermando che sono passeggeri e promettendone
solennemente la sparizione per il volo successivo. Anche gli altri
allievi della sezione presenziano al colloquio per immagazzinare
esperienza a spese degli errori altrui.

Il nuovo arrivato osserva i colleghi più progrediti come esseri
dotati di misteriose facoltà del cui segreto si vuole impossessare.
Timidamente egli procede alla personale conoscenza dell'apparecchio
introducendosi nello scafo: con circospezione afferra il volante,
lo rigira, lo attrae a sè, lo respinge volgendosi a osservare alle
estremità delle ali e della coda i movimenti degli aleroni e del
timone di profondità. Si stupisce che i colleghi i quali lo hanno
preceduto, spieghino la manovra come una funzione semplice. Poi rimane
interdetto udendo il linguaggio d'aviazione fiorito di francesismi.
Decollare: manovra per condurre l'apparecchio a staccarsi dallo
specchio d'acqua; virare: mutamento di direzione durante il volo;
picchiare: abbassare l'apparecchio pure durante il volo; ammarare:
far riprendere all'apparecchio il contatto con l'acqua.

Intanto il novizio sente parlare con rispettosa preoccupazione della
manovella, il fatale istrumento che serve a mettere in funzione il
motore e ad imporre soggezione al novizio: - Attenti ai contraccolpi
- lo avvertono gravemente i colleghi che all'esordio conobbero il
medesimo patema. - Bada che già vari si sono fratturati il braccio....
- Comincia così la mobilitazione dell'amor proprio: il neofita
s'attacca all'insidiosa manovella, non riesce, ritenta e finalmente
consegue la sua prima vittoria, girando la nemica con esuberanza
trionfale.