Testo - "Ricordi di Londra" Edmondo De Amicis, Louis Simonin

chiudere e iniziare a digitare
Quando partii per Londra, cominciava a farsi notte, mi rincantucciai nel vagone e mi misi ad assaporare quel grande pensiero che di là a poche ore sarei stato a Londra. - Londra! - Mi ripetevo questo nome, me lo facevo sonare nella mente con compiacenza, come si fa sonare sul tavolo una moneta d'oro. - Londra! - Provavo non so che gusto a dire a me stesso, come se non l'avessi saputo prima, che era una città spropositata, un mare magno, una babilonia, un caos, una cosa favolosa. - E la più grande città della terra! pensavo, - e in questo v'è qualcosa di assoluto, che in nessun'altra città si ritrova, perchè, se ve n'ha delle altre più belle, di quale si può dire: - E la più bella? - E un piacere nuovo quello di veder qualche cosa che, in un certo senso, occupi incontrastabilmente il supremo grado nel mondo; qualche cosa di là da cui non si può spingere il pensiero senza entrar nel regno dei sogni; qualche cosa dinanzi a cui potete dire: - Nessun uomo ha visto mai nulla di più grande! - E poi mi rallegravo pensando che andavo a Londra solo, senza conoscerci nessuno, senza lettere di raccomandazione, come ci si deve andare per potersi sentir smarriti in quell'oceano, per provarci quel sentimento quasi di paura, che infondono i grandi spazi ignoti, per essere schiacciati, per ricevere, in una parola, l'impressione schietta ed intera che quella città immensa deve produrre nell'animo d'uno straniero. E quanto a questo, avevo anco il vantaggio di non sapere una saetta d'inglese, di esser corto a quattrini, di non avere che una valigetta che spirava miseria, e infine tutto quello che ci vuole per sentirsi piccino e meschino in una grande città sconosciuta. Pensando a tutto questo, mi davo una fregatina alle mani e dicevo: - Londra, son pronto!