Testo - "Clelia" Giuseppe Garibaldi

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Era oscura la notte e nuvoloni neri neri si addensavano sulla città
santa spinti da violento scirocco: il mendico di Roma avvolto nel suo
mantello cencioso cerca ripararsi in qualche aristocratico portone, o
sotto il peristilio di qualche chiesa; il prete servito
dall'inseparabile Perpetua sta invece rifocillandosi a lauta mensa e
si prepara a delizioso riposo, di vivande ripieno e di vini prelibati.

Là nel fondo dell'antico Foro sorge il maestoso gigante delle ruine,
tetro, imponente, segnando a questa generazione di schiavi cento
passate generazioni e ricordando ai Romani che la loro Roma,
sconquassata dal tempo e dalla vendetta delle già oppresse nazioni
crollò, non cadde.

Lo straniero suole visitare il Colosseo a lume di luna. Ma bisogna
vederlo in una oscura notte di tempesta, illuminato dal lampo, scosso
dalla folgore e pieno di cupi e strani rimbombi.

Tale era la notte dell'8 febbraio, quando i congiurati ad uno ad uno
per diverse vie si avvicinavano all'anfiteatro dei gladiatori e delle
fiere, avvolti in ampi mantelli che nella luce incerta parevano toghe.
È privilegio oggi de' mendichi soltanto quello di andare per le vie di
Roma coperti dal tradizionale mantello in guisa da parere togati; e
forse non pochi mendichi v'erano tra que' generosi, perché sulla terra
dei Bruti spesso si nasconde sotto cenci l'animo virile di un
gladiatore pronto a gittare la sua vita nell'arena, ove si contende la
liberazione de' popoli.

Tra le mille loggie ove soleva adunarsi il popolo-re, ve ne eran varie
più spaziose delle altre, forse in antico destinate agli imperanti,
alla corte, ai grandi. Il tempo le avea ridotte ad una sola. Non
seggioloni, non arazzi adornavano il recinto. (E che importavano gli
adornamenti a coloro che s'eran sacrati alla morte?). Le macerie eran
per loro pareti, tribune, sedili.

Al fioco lume di una lanterna sorda di cui eran muniti i congiurati si
vedevano ascendere per diverse vie quei coraggiosi propugnatori della
libertà romana e giunti nel loggione (tale era il nome dato da loro al
recinto) ognuno vi prendeva posto senz'altra cerimonia che una stretta
di mano tra i vicini, poiché tutti eran conoscenti ed amici.

Quando quasi tutti furono al loro posto una voce sonora si udì nel
recinto che gridò: Le sentinelle sono a posto? Un'altra voce
dall'altro estremo rispose: A posto. Allora il lume di una torcia
accanto alla prima voce illuminò centinaia di fisonomie simpatiche di
giovani quasi tutti al disotto dei trenta, ed altre torcie si accesero
qua e là per vincere l'oscurità della notte.

I preti non mancan di spie e spie famose sono i preti stessi, onde ad
alcuno sembrerà strano che una massa di congiurati potesse riunirsi
impunemente in Roma. Ma bisogna riflettere che nella santa città vi
sono deserti e che il Campo Vaccino, principale di quei deserti,
racchiude tante rovine quante forse non sono tutte insieme le rovine
del mondo. Poi, in una città come quella, un mercenario, che ama la
pelle sopra ogni cosa del mondo e fa servigi più in apparenza che in
fatti, non corre ad avventurare la codarda sua vita in quelle macerie,
assai men secure delle vie di Roma ove un uomo onesto è già sì poco
sicuro.

In una città superstiziosa come è la Metropoli cattolica, non mancano
leggende di apparizioni tra le rovine, né manca chi ci crede. Anzi si
conta: che in una notte tempestosa come questa, due sgherri più
avventati degli altri, avvicinandosi nelle loro ricerche al Colosseo
scorsero una certa luce e contenti di tale scoperta, si fecero innanzi
per riconoscerla; ma che procedendo verso quella parve loro vedere
fantasmi così spaventevoli, che sopraffatti dal terrore se la diedero
a gambe, perdendovi uno il cappello e l'altro la sciabola che aveva
tentato di sguainare, ma che tremante lasciò cadere e non ebbe il
coraggio di fermarsi per raccoglierla, e via.

I fantasmi altro non erano che i nostri giovani, i quali nel ritirarsi
inciamparono nel cappello e nella sciabola e siccome le loro
sentinelle avevano osservato l'approssimarsi delle spie e la loro
fuga, ne venne che la scoperta degli insperati trofei produsse tra
loro un'immensa ilarità.