Era un uomo sui cinquant'anni, magro, sparuto, dagli occhi incavati ed
immobili, dal sorriso amorevole, tratto tratto mefistofelico.
La foggia del suo soprabito nero, ampio, abbottonato fino al mento e
lungo fino al tallone; la callotta di tela ch'egli portava, a guisa di
turbante, involta a più riprese da una fascia azzurra; tutto il suo
abbigliamento formava una strana figura di prete e di pascià, che
lungi dal riuscire ridicola, ispirava simpatia e rispetto.
Quell'eccentrico personaggio aveva preso in affitto una casa di
rustiche apparenze, ma comoda e decente. Tutti lo sapevano ricco e di
gran cuore. I poveri del paesello dicevano che quel forestiere era
stato mandato in paese dalla Provvidenza. Nei primi tempi lo
chiamavano il signore.
Erano con lui due domestici ed un medico. Questi gli stava sempre a
lato. Rare volte parlavano assieme. Quando uscivano al passeggio, il
medico leggeva o fumava; l'altro a giudicarne dalla immobilità dello
sguardo, pareva assorto in una sola, irremovibile idea. In paese
correva voce che il signore fosse malato di cervello per eccessiva
applicazione agli studi, e avesse appunto abbandonata la città per
ritemprarsi nella buon'aria dei monti.
In fatti, dopo un mese di vita campestre, a dire dei paesani, il
signore aveva fatto una ciera più lustra. I suoi denti di alabastro
brillavano più spesso nel sorriso dell'amorevolezza che non in quello
della ironia mefistofelica.
Usciva più sovente al passeggio. Si intratteneva sulla piazzetta a
udire i colloqui dei contadini, a veder giuocare i fanciulli. Riceveva
qualche visita alla sera. Il curato, il sindaco ed il farmacista erano
divenuti assidui nella sua sala, ed egli stava le lunghe ore ad
ascoltare le loro polemiche religiose e politiche.
Il curato, il sindaco e il farmacista di C... per lui rappresentavano
i tre partiti, la eterna invariabile trinità del pensiero umano, che a
suo credere, era cominciata nella mente dei tre primi abitatori
dell'universo.
Il curato rappresentava il non possumus, la forza reazionaria;
Il sindaco il liberale moderato o moderatore;
Il farmacista l'uomo del progresso ad ogni costo, l'utopista
rivoluzionario, che non ammette intervallo tra il pensiero e l'azione.
Questi tre principii, come ognuno può immaginare, si detestavano
cordialmente; e il loro attrito era scabro e sfavillante come quello
dell'acciaio colla pietra.
Ciò nullameno, il curato, il sindaco e il farmacista venivano ogni
sera ad occupare nella sala del signore tre lati di un tavolo coperto
di ricco tappeto.
Nel centro di quel tavolo, quegli spiriti eterogenei, intolleranti,
irreconciliabili, avevano trovato un punto di coincidenza simpatica.
Era un'immane bottiglia, un'anfora imponente e generosa, il cui sugo
inesauribile produceva nei tre antagonisti il doppio effetto di
rifiammare gli ardori politici e di ammorbidire le gole. Il curato, il
sindaco e il farmacista pigliavano un gusto matto a bisticciarsi e a
contraddirsi in quel tiepido ambiente dove la più gustosa delle
bevande era sempre là per estinguere ogni ardore di sete e di
entusiasmo.
Essi amavano il buon vino con esemplare concordia; e siccome il buon
vino non corre le bettole e le cantine del volgo, così la loro
ripulsione politica si era mutata in attrazione pel fascino di un
barolo squisito.
Il curato si scusava: Forse che alla chiesa non conveniamo tutti,
uomini dabbene e peccatori, papisti e scomunicati, intorno all'altare
del Dio uno e vero?
E il farmacista rifletteva: Dinanzi alla malattia non conosco
avversarii politici; io prodigo i miei medicinali anche ai vili
moderati che vorrei avvelenare di arsenico. La malattia e la sete
stanno al di sopra di ogni rancore di partito.
Il sindaco, nella sua qualità di moderato, credeva dar prova di
sublime tolleranza, trincando coi due partiti estremi.
Di qual modo si erano introdotti nella casa dell'eccentrico signore
tre individui di opinioni così avverse?
Il signore li aveva conquistati nei primi tempi del suo soggiorno in
paese. Ciascuno alla sua volta, il curato, il sindaco e il farmacista,
avevano ricevuto dal forestiere una carta di visita ed un autografo
accompagnato da un biglietto a stampa di effetto miracoloso.
Sulle carte di visita era impresso uno stemma gentilizio sovrapposto
ad una parola enigmatica, che i tre sapienti del villaggio non avevano
osato interpretare: Abrakadabra.
immobili, dal sorriso amorevole, tratto tratto mefistofelico.
La foggia del suo soprabito nero, ampio, abbottonato fino al mento e
lungo fino al tallone; la callotta di tela ch'egli portava, a guisa di
turbante, involta a più riprese da una fascia azzurra; tutto il suo
abbigliamento formava una strana figura di prete e di pascià, che
lungi dal riuscire ridicola, ispirava simpatia e rispetto.
Quell'eccentrico personaggio aveva preso in affitto una casa di
rustiche apparenze, ma comoda e decente. Tutti lo sapevano ricco e di
gran cuore. I poveri del paesello dicevano che quel forestiere era
stato mandato in paese dalla Provvidenza. Nei primi tempi lo
chiamavano il signore.
Erano con lui due domestici ed un medico. Questi gli stava sempre a
lato. Rare volte parlavano assieme. Quando uscivano al passeggio, il
medico leggeva o fumava; l'altro a giudicarne dalla immobilità dello
sguardo, pareva assorto in una sola, irremovibile idea. In paese
correva voce che il signore fosse malato di cervello per eccessiva
applicazione agli studi, e avesse appunto abbandonata la città per
ritemprarsi nella buon'aria dei monti.
In fatti, dopo un mese di vita campestre, a dire dei paesani, il
signore aveva fatto una ciera più lustra. I suoi denti di alabastro
brillavano più spesso nel sorriso dell'amorevolezza che non in quello
della ironia mefistofelica.
Usciva più sovente al passeggio. Si intratteneva sulla piazzetta a
udire i colloqui dei contadini, a veder giuocare i fanciulli. Riceveva
qualche visita alla sera. Il curato, il sindaco ed il farmacista erano
divenuti assidui nella sua sala, ed egli stava le lunghe ore ad
ascoltare le loro polemiche religiose e politiche.
Il curato, il sindaco e il farmacista di C... per lui rappresentavano
i tre partiti, la eterna invariabile trinità del pensiero umano, che a
suo credere, era cominciata nella mente dei tre primi abitatori
dell'universo.
Il curato rappresentava il non possumus, la forza reazionaria;
Il sindaco il liberale moderato o moderatore;
Il farmacista l'uomo del progresso ad ogni costo, l'utopista
rivoluzionario, che non ammette intervallo tra il pensiero e l'azione.
Questi tre principii, come ognuno può immaginare, si detestavano
cordialmente; e il loro attrito era scabro e sfavillante come quello
dell'acciaio colla pietra.
Ciò nullameno, il curato, il sindaco e il farmacista venivano ogni
sera ad occupare nella sala del signore tre lati di un tavolo coperto
di ricco tappeto.
Nel centro di quel tavolo, quegli spiriti eterogenei, intolleranti,
irreconciliabili, avevano trovato un punto di coincidenza simpatica.
Era un'immane bottiglia, un'anfora imponente e generosa, il cui sugo
inesauribile produceva nei tre antagonisti il doppio effetto di
rifiammare gli ardori politici e di ammorbidire le gole. Il curato, il
sindaco e il farmacista pigliavano un gusto matto a bisticciarsi e a
contraddirsi in quel tiepido ambiente dove la più gustosa delle
bevande era sempre là per estinguere ogni ardore di sete e di
entusiasmo.
Essi amavano il buon vino con esemplare concordia; e siccome il buon
vino non corre le bettole e le cantine del volgo, così la loro
ripulsione politica si era mutata in attrazione pel fascino di un
barolo squisito.
Il curato si scusava: Forse che alla chiesa non conveniamo tutti,
uomini dabbene e peccatori, papisti e scomunicati, intorno all'altare
del Dio uno e vero?
E il farmacista rifletteva: Dinanzi alla malattia non conosco
avversarii politici; io prodigo i miei medicinali anche ai vili
moderati che vorrei avvelenare di arsenico. La malattia e la sete
stanno al di sopra di ogni rancore di partito.
Il sindaco, nella sua qualità di moderato, credeva dar prova di
sublime tolleranza, trincando coi due partiti estremi.
Di qual modo si erano introdotti nella casa dell'eccentrico signore
tre individui di opinioni così avverse?
Il signore li aveva conquistati nei primi tempi del suo soggiorno in
paese. Ciascuno alla sua volta, il curato, il sindaco e il farmacista,
avevano ricevuto dal forestiere una carta di visita ed un autografo
accompagnato da un biglietto a stampa di effetto miracoloso.
Sulle carte di visita era impresso uno stemma gentilizio sovrapposto
ad una parola enigmatica, che i tre sapienti del villaggio non avevano
osato interpretare: Abrakadabra.