Due giovani gentiluomini passeggiavano per la sala, taluni con veloci e talora con tardi passi, ricambiando parole a voce alta, o sommessa. Il primo aveva la pelle chiazzata di vermiglio come macchie di erpete; dalle pupille nere, luccicanti traverso i cigli infiammati, traluceva la ferocia, mescolata ad un certo smarrimento mentale: rari ed irti i capelli: sozzi i denti: il naso camuso e le guance flosce lo arieggiavano col cane da presa. Le vesti, comecchè nobilissime, erano scomposte: la parola usciva impetuosa e roca dai labbri riarsi: accenti impuri, cui forse natura per rendere più laidi volle accompagnati con fetido fiato: rotti e continui i moti delle spalle, dei bracci e del capo. Il delitto stava là dentro come un vulcano prossimo a prorompere.
L'altro poi era pallido, e di aspetto gentile: copiosa e ben composta la chioma bionda, tardo e mesto a guardare e a parlare: sovente distratto: qualche volta sospiroso: si fermava, trasaliva, la commozione interna svelava col tremito del labbro superiore, e coll'agitarsi degli estremi peli dei baffi. Le vesti, i nastri, le trine del colletto e delle maniche elegantissime. Chiunque lo avesse veduto avrebbe esclamato a prima giunta: costui sospira.
In tonacella senza ferraiolo, simile ad una gazza che inquieta ed obliqua saltella per casa, ecco un prete guizzare qua e là, dandosi la maggior pena del mondo per trarre a se l'attenzione degli astanti, o almeno di taluno fra loro. Egli favellava della state e del verno, del caldo e del freddo, della sementa e della raccolta, ma nessuno gli attendeva: talora domandava se in quel giorno avrebbe potuto avere la degnazione di parlare con sua Eccellenza il clarissimo signor Conte; tal altra a quale ora egli soleva levarsi, e a quale asciolvere; se costumava spendere molto tempo attorno alle mondizie della persona, e se tutti i giorni desse udienza; era fiato gettato: nessuno gli rispondeva, però che gli sposi rimanessero estatici nella loro letizia; il villano paresse una statua di bronzo; il gentiluomo dal volto vermiglio lo avesse squadrato così di traverso, da mettergli i brividi addosso; il gentiluomo dal volto pallido lo fissasse come uomo piovuto dalle nuvole. Il povero prete stava per dare del capo nei muri: proprio per disperazione, di tanto in tanto apriva il breviario e leggeva; ma col sembiante di chi trangugia medicine amare: gli occhi gli sdrucciolavano giù per le pagine: avresti detto che avesse recato seco cotesto libro, come colui che va ad annegarsi si porta il sasso per legarselo al collo.
Il volto dello sciagurato prete, per ordinario tinto del giallo pallido dei mozziconi di cera avanzati al servizio dell'altare, quasi per impazienza si era fatto acceso: non poteva darsi pace che nessuno gli porgesse ascolto; e sì ch'ei meritava essere avvertito, non fosse altro per indovinare se avesse più logora la tonacella veste del suo corpo, o il corpo veste della sua anima: logori entrambi, amici vecchi fra loro, e, con rammarico grande del loro padrone, testimoni che nulla ha da durare eterno nel mondo.
L'altro poi era pallido, e di aspetto gentile: copiosa e ben composta la chioma bionda, tardo e mesto a guardare e a parlare: sovente distratto: qualche volta sospiroso: si fermava, trasaliva, la commozione interna svelava col tremito del labbro superiore, e coll'agitarsi degli estremi peli dei baffi. Le vesti, i nastri, le trine del colletto e delle maniche elegantissime. Chiunque lo avesse veduto avrebbe esclamato a prima giunta: costui sospira.
In tonacella senza ferraiolo, simile ad una gazza che inquieta ed obliqua saltella per casa, ecco un prete guizzare qua e là, dandosi la maggior pena del mondo per trarre a se l'attenzione degli astanti, o almeno di taluno fra loro. Egli favellava della state e del verno, del caldo e del freddo, della sementa e della raccolta, ma nessuno gli attendeva: talora domandava se in quel giorno avrebbe potuto avere la degnazione di parlare con sua Eccellenza il clarissimo signor Conte; tal altra a quale ora egli soleva levarsi, e a quale asciolvere; se costumava spendere molto tempo attorno alle mondizie della persona, e se tutti i giorni desse udienza; era fiato gettato: nessuno gli rispondeva, però che gli sposi rimanessero estatici nella loro letizia; il villano paresse una statua di bronzo; il gentiluomo dal volto vermiglio lo avesse squadrato così di traverso, da mettergli i brividi addosso; il gentiluomo dal volto pallido lo fissasse come uomo piovuto dalle nuvole. Il povero prete stava per dare del capo nei muri: proprio per disperazione, di tanto in tanto apriva il breviario e leggeva; ma col sembiante di chi trangugia medicine amare: gli occhi gli sdrucciolavano giù per le pagine: avresti detto che avesse recato seco cotesto libro, come colui che va ad annegarsi si porta il sasso per legarselo al collo.
Il volto dello sciagurato prete, per ordinario tinto del giallo pallido dei mozziconi di cera avanzati al servizio dell'altare, quasi per impazienza si era fatto acceso: non poteva darsi pace che nessuno gli porgesse ascolto; e sì ch'ei meritava essere avvertito, non fosse altro per indovinare se avesse più logora la tonacella veste del suo corpo, o il corpo veste della sua anima: logori entrambi, amici vecchi fra loro, e, con rammarico grande del loro padrone, testimoni che nulla ha da durare eterno nel mondo.