Testo - "Lo assedio di Roma" Francesco Domenico Guerrazzi

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Noi abbiamo bisogno di Roma, imperciocchè lo Spirito del passato
trascorrendo sopra le nostre teste ci soffi un'aura di morte; e sembra a
noi, che ci vada sobillando dentro gli orecchi dell'uomo fatale il
concetto antico del popolo gallo nemico allo opere, e al sangue dei
latini: al popolo romano nei delirii della potenza, adesso divisa,
sostituirsi il popolo francese; l'aquila di Roma morì senza crede, e fu
giusto: nè aquile, nè lioni od altri animali rapaci possono
somministrare la insegna a cui intende condurre i popoli a reputarsi
figliuoli di un medesimo padre. Dura continua nel mondo la fede nella
forza, che regna sul diritto come su di un prigione fatto in guerra.
Ciò che fu lusinga di cortigiano, la Francia imperiale si travaglia a
ridurre in fatto; ed è, che verun popolo al mondo deva attentarsi a
dare fuoco ad un cannone se essa non lo consenta. La Francia imperiale si
perigliò nelle contrade rimote del Messico per ferire nel fianco
l'America repubblicana, dacchè conosca non potere vivere sicura nel
mondo finchè la Libertà, ch'ella simula, messa a confronto della
Libertà che prorompe da una Repubblica non comparisca falsa. A questi
voli cui arieno bastato appena le ali dell'aquila romana, si logorano
quelle della Francia imperiale; le sue penne cascarono; prima che
toccassero terra se le portò il vento; solo in Algeria vi si posarono;
ma per quanto? E poi coteste penne caddero non già all'aquila
imperiale, bensì dalle ali dell'angiolo custode dei regi gigli di
Francia. Non pertanto, giocatore disperato, lo Impero raccolto nuovo
sangue, viene a metterlo a cimento sopra il tratto dei dadi; e se bene
intendi vedrai com'egli non possa fare a meno, imperciocchè lo Impero
non rappresentando libertà, o che significato avrebbe mai se non
fosse forza? Però la Italia ei sovvenne in quanto le diventasse
vassalla, scudo, o spada, ma adattati alle sue mani, e nelle sue
mani. Poichè, nè Francia, nè Austria si sentivano capaci di
strapparsela dagli artigli intera, si trovarono presto d'accordo per
ispossarla con la febbre degl'inani conati; per la pace di Villafranca la
Italia apparve un tigre, che menino a spasso legato da due catene in senso
contrario; ben'egli può ruggire, ma non avventarsi nè a destra,
nè a sinistra: la catena dell'Austria si chiama Venezia, quella della
Francia Roma, che rinterzò poi con Nizza e Savoia: più tardi
contrasteranno delle due catene fra loro. La Francia imperiale non crede,
o finge non credere, supremo anelito del popolo italiano la integrità
d'Italia. Quelli che si misero a capo della rivoluzione nei varii stati
d'Italia, da prima, la unità della Patria ributtarono; nè può
negarsi, chè le prove abbondano, e dove mancassero lo confessarono ei
dessi: e poi non le consegnarono con le proprie mani Nizza e Savoia? Come
pretendete voi altri che abbia fede in cosiffatta necessità, se per
impetrare licenza di aggiungere alcune provincie alla Corona di Savoia,
voi deste a patto due corone delle Alpi? Non fu il popolo, non noi, che
respingemmo la Unità affermata col nostro sangue, e con lo spirito
della nostra vita; certo non noi, che la predicavamo allorchè i più
pietosi fra coloro i quali se ne vantano adesso, ci commiseravano per
folli: non fu il popolo, nè noi che consegnammo Nizza e Savoia. Voi lo
vedete, questo è taglio che non si rimargina per tempo; rimarrà
aperto, e sanguinoso finchè i nostri fratelli separati dalla violenza e
dalla frode non tornino al seno della madre per virtù di amore, e di
diritto.

La Francia imperiale, io lo vado ripetendo spesso, a' termini del
negoziato ha ragione; ella ha ragione pel torto di quelli che
indegnamente ci rappresentarono: non posero essi in iscritto lei avere
giusta causa per sospettare d'Italia? La Francia imperiale,
maravigliando, non vide stipulare dai magni guidatori del risorgimento
italico la necessità in lei di agguantare parte d'Italia alla
stregua che questa andava ricostruendosi? Io non vo' rompere in detti
impetuosi, mi reggo con ambe le mani il seno per comprimere i palpiti
del cuore; ma chi questo immaginò e compì, non merita certo fama
di uomo di stato, nè di patriotta, nè di cittadino italiano;
adesso l'errore con lo irrequieto stridere, infesta noi veterani della
libertà; i moderati hanno messo su fabbrica di uomini grandi;
avendo veduto lavorare mattoni pensarono che i grandi uomini si
facessero a quel modo, pigliando una manata di argilla, e cacciatala
dentro alla forma spianarla; poi risecca alquanto al sole, cuocerla
nella fornace, donde estratta, mettere su mucchio di uomini grandi, e
di mattoni.

Ma il giudicio, che fruga severo uomini, e popoli sperderà l'osceno
schiamazzo e sopra la tomba bugiarda, inalzata dalla abiettezza o
dalla insania, porrà una delle torri tradite e seppellirà l'uomo
e la sua tomba.

Però, le colpe altrui non escusano le proprie; nè quale piglia
atteggiamento di liberatore può indurre altrui nel fallo, per
approfittarsene poi: queste sono arti di usuriere, che agguindola la
gioventù pel babbo morto. Non impunemente si grida ad un popolo:
sorgi e cammina; nè senza pericolo proviamo il grido lanciato in
mezzo alle genti: ogni nazione è padrona della sua terra: male si
adoperano parole da eroi con intenti da ladri. Se gli uomini, i quali
voglionsi beneficare con la mente annebbiata dalla vecchia servitù,
vagellano offerendoti, o cercandoti cose disoneste, tu memore della
magnanimità di Scipione dovevi rimbrottarli come costumò costui
quando il popolo tumultuante voleva ad ogni piatto la legge del
tribuno Curiazio circa al provvedere alla carestia dei grani:
tacete Quiriti, io so meglio di voi quanto conviene alla salute
pubblica. Quando l'anima nostra sente agitarsi la parte che in lei
è divina, più alto non può concepire che sensi romani, nè
con parole o con modi più degni significarli di quelli, che i
Romani adoperarono; però, vedendo innanzi a te il pedagogo che ti
menava, se non per tradimento per follia, parte di genta italica, tu
nella maniera stessa che Cammillo fece al maestro dei fanciulli
falisci dovevi consegnarlo agl'Italiani con le mani legate dopo le
spalle affinchè lo flagellassero. Allora te, come Cammillo,
avrebbero salutato Dio, Salvatore, e Padre; e volentieri ci saremmo
confessati vinti dalla virtù tua, persuasi che là dov'era tanta
giustizia non poteva fare a meno che quivi in sua compagnia si
trovasse eziandìo la libertà.