La giornata spuntò serena e limpida per gli sposi, che dopo aver
riposato una notte a Como, continuarono il loro viaggio verso la
Tremezzina. L'acquazzone del giorno prima aveva posto nell'aria i
brividi precursori del non lontano ottobre e le cime dei monti, e
specialmente delle Alpi, brizzolate di neve, splendevano sotto un
raggio alquanto diluito e raffreddato nell'atmosfera trasparente.
Qualche giogo più acuminato usciva dalle altre vette, in un vestito
roseo, allegro come quello d'una fanciulletta il giorno di Pasqua,
sotto un cielo chiaro chiaro; e scendendo a poco a poco lungo la
schiena dei monti, dopo il verde giallo dei pascoli rasi, vedevi il
verde bruno dei castani, poi sterratelli bianchi di campi seminati a
saraceno, poi ancora i colori vivaci dei giardini e il bianco delle
villette, che scappavano innanzi al battello, dolci dolci, come le
cartine in un organetto a manubrio.
Bastiano, lo sposo, stando in piedi, osservava queste meraviglie con
un cannocchiale da teatro, che si era fatto prestare da qualcuno, e
quando una folata d'aria l'investiva più fortemente, di sotto alle
lenti, incartocciava la faccia, socchiudeva gli occhi, con quella
espressione dolorosa, che hanno certe slavate sindoni d'altare di
campagna.
Si era anche abbottonato il suo bel soprabito d'autunno color d'uva
passa, tutto fino al bavero, ma di sotto, la valigietta dei denari,
posta a tracolla, e in croce a questa l'astuccio del cannocchiale,
cadendo sui due fianchi, facevano un rigonfiamento in fondo alla
schiena, che dava delle arie d'inglese al signor Bastiano Malignoni di
Monza.
Nel passare sul battello dimenticò d'essere un uomo alto e urtò il suo
cappello nuovo, incatramato, d'un bel taglio tutto monzese, contro un
voltino, facendovi dentro un'ammaccatura a triangolo, che egli
portava, senza saperlo, con una certa dignità.
Prima ancora d'arrivare a Torno, ebbe un battibecco col revisore dei
biglietti, perchè gli sposi avevano in fallo occupati i primi posti
coi biglietti dei secondi: fatto sta che il signor Bastiano dovette in
faccia a tutti i signori e a tutte le signore inglesi pagare una
differenza, arrossendo fino alle orecchie, come s'egli avesse avuto
intenzione di non dare a Cesare quel ch'è di Cesare.
Spiegò poi l'abbaglio a Paolina, dimostrandole come sui "bastimenti
d'acqua" quel che è primo per i vagoni di terra diventa ultimo, e quel
che ivi è ultimo qui diventa primo, precisamente come vedremo nella
valle di Josafat, il giorno del giudizio universale.
Paolina, la sposa, stava zitta, come se non gliene importasse, e
continuava a girare sopra sè stessa in contemplazione di tutto lo
spettacolo che aveva intorno, voltando per caso un poco di spalle al
marito.
Essa vestiva un abito povero, povero, color ferro brunito, ma la sposa
di provincia la si conosceva all'oro giallo della sua guarnizione, al
cappellino col pettirosso schiacciato in un angolo, cinto da una gran
veletta celeste, che svolazzava, stridendo e folleggiando sulla testa,
sulle guancie, pallide, e sul collo, con vibrazioni serpentine.
Il sole dopo uno svolto, la investì in un momento che Bastiano
risaliva il ponte, talchè, in vederla, gli parve che al luccicar delle
gioie e al contrasto del sole sulla veletta, ella si accendesse come
una fiamma di spirito di vino. Gli parve anche di essere alto come il
monte Bisbino, che stavano girando, e che non bastasse ancora a
contenere tutta la sua felicità.
Paolina era la prima in trentasei anni di vita che egli aveva amato, o
almeno la prima, sulla quale avesse voluto fondare un pensiero con
qualche conclusione; e a vedersela ora davanti, a due passi, bella
come una rosa il signor Malignoni non invidiava nessuno de'suoi
vicini, nemmeno quell'inglese o americano, che da una mezz'ora andava
contando monete d'oro e d'argento.
riposato una notte a Como, continuarono il loro viaggio verso la
Tremezzina. L'acquazzone del giorno prima aveva posto nell'aria i
brividi precursori del non lontano ottobre e le cime dei monti, e
specialmente delle Alpi, brizzolate di neve, splendevano sotto un
raggio alquanto diluito e raffreddato nell'atmosfera trasparente.
Qualche giogo più acuminato usciva dalle altre vette, in un vestito
roseo, allegro come quello d'una fanciulletta il giorno di Pasqua,
sotto un cielo chiaro chiaro; e scendendo a poco a poco lungo la
schiena dei monti, dopo il verde giallo dei pascoli rasi, vedevi il
verde bruno dei castani, poi sterratelli bianchi di campi seminati a
saraceno, poi ancora i colori vivaci dei giardini e il bianco delle
villette, che scappavano innanzi al battello, dolci dolci, come le
cartine in un organetto a manubrio.
Bastiano, lo sposo, stando in piedi, osservava queste meraviglie con
un cannocchiale da teatro, che si era fatto prestare da qualcuno, e
quando una folata d'aria l'investiva più fortemente, di sotto alle
lenti, incartocciava la faccia, socchiudeva gli occhi, con quella
espressione dolorosa, che hanno certe slavate sindoni d'altare di
campagna.
Si era anche abbottonato il suo bel soprabito d'autunno color d'uva
passa, tutto fino al bavero, ma di sotto, la valigietta dei denari,
posta a tracolla, e in croce a questa l'astuccio del cannocchiale,
cadendo sui due fianchi, facevano un rigonfiamento in fondo alla
schiena, che dava delle arie d'inglese al signor Bastiano Malignoni di
Monza.
Nel passare sul battello dimenticò d'essere un uomo alto e urtò il suo
cappello nuovo, incatramato, d'un bel taglio tutto monzese, contro un
voltino, facendovi dentro un'ammaccatura a triangolo, che egli
portava, senza saperlo, con una certa dignità.
Prima ancora d'arrivare a Torno, ebbe un battibecco col revisore dei
biglietti, perchè gli sposi avevano in fallo occupati i primi posti
coi biglietti dei secondi: fatto sta che il signor Bastiano dovette in
faccia a tutti i signori e a tutte le signore inglesi pagare una
differenza, arrossendo fino alle orecchie, come s'egli avesse avuto
intenzione di non dare a Cesare quel ch'è di Cesare.
Spiegò poi l'abbaglio a Paolina, dimostrandole come sui "bastimenti
d'acqua" quel che è primo per i vagoni di terra diventa ultimo, e quel
che ivi è ultimo qui diventa primo, precisamente come vedremo nella
valle di Josafat, il giorno del giudizio universale.
Paolina, la sposa, stava zitta, come se non gliene importasse, e
continuava a girare sopra sè stessa in contemplazione di tutto lo
spettacolo che aveva intorno, voltando per caso un poco di spalle al
marito.
Essa vestiva un abito povero, povero, color ferro brunito, ma la sposa
di provincia la si conosceva all'oro giallo della sua guarnizione, al
cappellino col pettirosso schiacciato in un angolo, cinto da una gran
veletta celeste, che svolazzava, stridendo e folleggiando sulla testa,
sulle guancie, pallide, e sul collo, con vibrazioni serpentine.
Il sole dopo uno svolto, la investì in un momento che Bastiano
risaliva il ponte, talchè, in vederla, gli parve che al luccicar delle
gioie e al contrasto del sole sulla veletta, ella si accendesse come
una fiamma di spirito di vino. Gli parve anche di essere alto come il
monte Bisbino, che stavano girando, e che non bastasse ancora a
contenere tutta la sua felicità.
Paolina era la prima in trentasei anni di vita che egli aveva amato, o
almeno la prima, sulla quale avesse voluto fondare un pensiero con
qualche conclusione; e a vedersela ora davanti, a due passi, bella
come una rosa il signor Malignoni non invidiava nessuno de'suoi
vicini, nemmeno quell'inglese o americano, che da una mezz'ora andava
contando monete d'oro e d'argento.