Testo - "Dell'arte dei giardini inglesi" Ercole Silva

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Gl'Inglesi amano con passione il soggiorno della campagna, e
v'impiegano nell'abbellirla quelle somme, che generalmente le altre
nazioni dissipano nelle lor capitali. Non è in Londra, dove debbasi
giudicare della ricchezza, della magnificenza, e del buon gusto di
un Lord, ma bensì alla sua campagna, situata in provincia. Un clima
temperato, un paese generalmente ridente, e fertile, l'abbondanza che
regna ne' campi, una vita libera, ed agiata, la costumanza di reciproci
uffizj di famiglia, e d'amicizia, quella generale di soggiornarvi
nella più gran parte dell'anno, ne formano le principali attrattive.
La situazione fisica dell'Inghilterra è un felice miscuglio di catene
di monti, e di montagne isolate, dolcemente elevate, e comodamente
praticabili, di valli, di fiumi, di cadute d'acqua, di boschi annosi,
e di praterìe d'un'incomparabile verdura. Una vegetazione rigogliosa
senza confronto altrove, le acque le più limpide, ed un non so che di
vario, di aggradevole, di romanzesco, e di superbo, che ad ogni passo
s'incontra, e si succede con tanto garbo, formano di molte provincie
dell'Inghilterra il più seducente quadro, che scuote la mente, e le
inspira idee poetiche, e pittoresche. Non è meraviglia quindi se il
genio Inglese, rapito dalla bella natura campestre, che lo circonda,
immaginò il primiero di staccarne le parti più belle, e comporne un
tutto ideale, analogamente ornato, e reso più vago dai doni dell'arte,
che colle reciproche relazioni acquistasse nuovo pregio, e valore,
e presentasse una successione saggiamente calcolata di quadri, e di
scene, ripiene di voluttà, di comodo, di capriccio, e di grandiosità:
sostituì i tratti di paese campestre abbelliti, e scelti ai disegni
artificiosi degli antichi giardini, e ne introdusse per tal maniera de'
nuovi, e d'un tal genere, che divennero quasi altrettanti poemi, opera
del poeta, del pittore, e del filosofo.

Mentre gli scrittori delle altre nazioni tacevano, oppure magnificavano
l'antico stile, i Bretoni cominciavano a sviluppare a poco a poco ne'
loro scritti l'essenza dell'arte de' giardini. Francesco Bacone, che
sparse una nuova luce sulle scienze, fu il primo, che diffuse sopra i
giardini ancora una luce, tuttavìa offuscata dalle antiche tenebre.
Esigeva per un giardino trenta jugeri di terreno, e lo divideva in
tre parti: uno spazio erboso all'entrata, un altro ripieno di cespuglj
alla sortita, ed il giardino propriamente detto nel mezzo, con viali,
e passeggi dalle due bande. Alla prima parte destinava quattro jugeri,
sei alla seconda, quattro a ciascheduno de' viali laterali, e dodici
al giardino di mezzo. Gli ornamenti, e gli arabeschi a diversi colori,
disegnati in terra sotto le finestre della casa, non sono, che giuochi
puerili, che si trovano pure, com'egli dice, su de' pasticci, e lo
stesso giudizio porta sulle piante acconciate in differenti figure.
Invece d una pianura esatta, vorrebbe che si elevasse nel mezzo del
giardino un monticello aggradevole alla vista, sormontato da un vago
padiglione, al quale si pervenisse per mezzo di due o quattro file
di gradini. Bandisce gli stagni, ed i canali d'acqua dormente, che
vuol che sia sempre in moto. L'invenzione capricciosa di slanciare le
acque in alto, e di farle artificiosamente giuocare, non aumenta a suo
giudizio nè la purità, nè la salubrità dell'aria, nè il piacere del
giardino. Lo spazio occupato dalla boscaglia vorrebbe che assomigliasse
a un sito piacevolmente incolto. In quà in là vi si potrebbero
frammischiare degli arbusti differenti con fiori odorosi; ma il
terreno lo vorrebbe coperto dappertutto di violette, di fragole, e di
primevere, che esalano grato odore, e prosperano all'ombra. I boschi
non dovrebbero offrire un ordine preciso, ma delle picciole eminenze
d'intorno, sparse di fiori varj, e d'arbusti odoriferi. Raccomanda gli
alberi da frutta, e de' sentieri comodi, ed asciutti, che si diramino
in tutti i sensi. Nel fondo del giardino, continua l'autore, si
potrebbero praticare da due lati de' piccioli ridossi, da dove l'occhio
potesse liberamente percorrere le vicine campagne. Nello spazio, da
lui chiamato giardino, i viali saranno larghi, e guarniti d'alberi
fruttiferi, e vi vorrebbe pur collocati de' seminarj di consimili
piante, e dei vaghi gabinetti artificiali di verdura, con sedili.
Ma non bisognerebbe poi tanto, soggiugne egli, accumulare questi
oggetti, dovendo il giardino, propriamente detto, rimaner libero, ed
aperto alla maggior circolazione dell'aria; l'ombra è da cercarsi ne'
viali laterali, non dovendo, a parer suo, servire il giardino che per
le stagioni temperate di primavera, e d'autunno, e per le ore della
sera, e del mattino d'estate. Delle passeggiate prolungate su' colli
sarebbero avvantaggiose, se la natura le fornisse.

Per quanto sieno coerenti le osservazioni, ed opportune le domande di
Bacone, sono tuttavìa frammischiate da alcune, direttamente opposte
al buon gusto in fatto di giardini; tale è la forza della moda,
che soggiogò pure questo grand'uomo. Approva la forma quadrata, le
arcate di legno sormontate da picciole torri, che cattivi ritengano
gli uccelli, ed ornate di figure dorate, e di strette lamine di
vetro colorato; loda le colonne di legno, e le piramidi della stessa
materia, le vasche regolari, ornate di figure, e di vasi. Finalmente
determinando un modello stabile, ne limita lo stile, ciò che non si
accorda punto colla varietà naturale degli spazj, e colla fertilità
del genio creatore. Tuttavìa Bacone non si accontenta di passare per
profeta d'una scienza non ancor nata; ei non solo predice, comincia a
creare.